Agricoltura. Il “j’accuse” di Slow Food e Confédération Paysanne a difesa dell’agricoltura “di cascina”. «No all’industrializzazione dei campi. Ne va del nostro passato e del futuro del pianeta»

inserito il 21 Settembre 2015

Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, e Laurent Pinatel, in rappresentanza della francese Confédération Paysanne hanno firmato un documento congiunto sul futuro dell’agricoltura. La presa di posizione è netta e precisa: basta alla industrializzazione dell’agricoltura, favorita anche da politiche europee e internazionali, perché rischia di trasformare l’attività agricola in una sorta di agro-industrializzazione dei campi, con riflessi negativi sull’ambiente, e di cancellare in via definitiva la cultura del passato agricolo, le tradizioni, le buone pratiche, i mestieri antichi e quel rapporto tra uomo e natura rurale che per Petrini e Pinatel e i rispettivi movimenti, è alla base del futuro del pianeta e della stessa umanità.

Petrini e Pinatel

Petrini e Pinatel

Un appello forte, firmato nell’ambito di Cheese, la fiera del formaggio che si svolge a Bra, nel Cuneese, e che, senza se e senza ma, va contro le impostazioni non solo delle grandi multinazionali dell’agricoltura, ma contesta anche le scelte fatte dai Governi, in ambito nazionale e internazionale, appoggiate dalle associazioni di categoria, che, secondo Slow Food e Confédération Paysanne, stanno decretando la scomparsa dell’agricoltura di cascina.

Ecco il testo integrale del documento:
L’agricoltura europea sta attraversando forse la peggiore crisi della sua storia: è in gioco il futuro di decine di migliaia di agricoltori europei, il cui destino è saldamente legato alla sopravvivenza dei territori, alla qualità dell’alimentazione, alla vitalità dell’economia rurale e agroalimentare.

L’occidente sta vivendo un periodo di transizione che rischia di sfociare in un momento di rottura per la nostra civiltà dove si sta imponendo un’agricoltura che rischia di trasformare le cascine in vere e proprie aziende, cancellando quell’agricoltura buona che è alla base di ogni cultura. Parliamo di un’agricoltura radicata nei territori, in cui l’uomo, in osmosi con il suo ambiente naturale e il suo ritmo di vita, potrebbe trarre dalla natura la quintessenza del suo lavoro, per nutrire se stesso e i suoi concittadini. Noi siamo chiamati a una scelta ben precisa e consapevole.

Al punto in cui ci troviamo non possiamo far altro che constatare come le politiche messe in atto da oltre 40 anni favoriscano la distruzione esponenziale dell’agricoltura e di tutto il suo patrimonio culturale. La crisi non è piovuta dal cielo ma è il risultato delle riforme della PAC, in particolare l’inglobamento dell’agricoltura e dell’alimentazione nell’arena spietata del commercio mondiale, oltre alla gestione delle quote latte. Nonostante con le nostre reti siamo comunque riusciti ad arginare alcune offensive ultraliberali, siamo oggi fortemente minacciati dagli accordi di libero scambio tra Europa, Canada e Stati Uniti, conosciuti come TAFTA (Transatlantic Free Trade Area) e CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), che finiranno per dare il colpo di grazia al mondo contadino.

Ma sia ben chiaro, per noi la conservazione non significa mettere sotto vetro i ricordi del passato. Non intendiamo opporre resistenza a un progresso inevitabile a cui non vogliamo adattarci. Noi rappresentiamo quel progresso di fronte al quale resiste la civiltà industriale, siamo portatori di soluzioni coerenti dal punto di vista politico, economico, sociale, ambientale, territoriale, energetico, sanitario, climatico, geopolitico, culturale e addirittura filosofico. Quel settore, spesso in modo dispregiativo chiamato “primario” fin dalla nascita della nostra società industriale, deve diventare “il primo tra i settori” se davvero abbiamo l’ambizione di assicurare un futuro alle prossime generazioni.

L’industrializzazione dell’agricoltura e dell’alimentazione è responsabile del 50% delle emissioni di gas a effetto serra. Inoltre l’aumento delle temperature oltre i fatidici 2°C metterebbe a serio rischio il lavoro dei contadini e la loro capacità di nutrire il pianeta. La questione ambientale non ci lascia alcuna alternativa: dobbiamo urgentemente cambiare il sistema della produzione e distribuzione del cibo.

Ecco perché chiediamo a gran voce un cambiamento di rotta per le politiche agricole e alimentari per aprire la strada a questi orizzonti ideati e proposti da Slow Food e Confédération Paysanne, che da anni stanno cercando strade alternative a quelle imposte dall’industrializzazione.

Le soluzioni esistono, sono le lanterne che dobbiamo seguire per rivedere nel profondo il nostro modello agricolo e alimentare. Non dobbiamo inventare nulla, serve solo mettere in pratica ciò che già conosciamo!”

 

4 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. filippo 23 Settembre 2015 at 17:06 -

    Ho la sensazione che abbiamo rilanciato tanto per ottenere almeno qualcosa…

  2. Elio Miranti 23 Settembre 2015 at 15:38 -

    Principi importanti, condivisi; ma siamo concreti. Quali sono le soluzioni? Solo alcune.
    Elio

  3. filippo 22 Settembre 2015 at 14:02 -

    saggio intervento, come al solito, C…

  4. contadina 22 Settembre 2015 at 12:49 -

    “Utopia aveva una sorella maggiore che si chiamava Verità senza errore lanciava spesso un aquilone nel vento su cui era scritto libertà con l’accento …mentre Utopia andava via allegramente perché vedeva il futuro presente Verità a capo chino sussurrava stai confondendo il desiderio e il destino…” peccato che Utopia l’aquilone non l’ha più trovato 😉 ciao

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