Appello. Mobrici (Barbera): «Attenzione al reddito dei vignaioli per una crescita equa delle filiere. La politica supporti progetti di sviluppo»

inserito il 25 Febbraio 2021

La Barbera piemontese è il vino rosso più rappresentativo del Piemonte in termini di ettari vitati e volumi di produzione. I prezzi all’ingrosso, però, rilevati dalle Camere di Commercio, ne danno un’immagine diversificata: la doc Piemonte Barbera si attesta attorno ai 0,90 euro/litro; la Barbera d’Asti docg tra 1,10 e 1,60 euro/litro fino ad arrivare ai 2 euro/litro per il Nizza docg (denominazione a sé stante da uve 100% barbera). E le vendite? La Barbera d’Asti docg insieme con la doc Piemonte Barbera muove un volume attorno ai 50/55 milioni di bottiglie che diventano 65/70 se si conta anche la Barbera d’Alba che, però, è di competenza del Consorzio Barolo e Barbaresco. Non c’è dubbio che fra i rossi piemontesi sia la Barbera a creare più volumi, un fattore che le ha permesso di resistere alla crisi economica dovuta all’emergenza Covid. Filippo Mobrici, presidente del Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato conferma: «Il comparto, lo abbiamo più volte ribadito in questi mesi, ha tenuto al disastro causato dal Covid e, anzi, secondo gli ultimi indicatori, starebbe crescendo, tuttavia – avverte Mobrici – c’è da chiedersi perché il mondo della Barbera piemontese segni questi incrementi. Le risposte sono diverse. Ne elenco un paio: la Barbera va perché i consumatori amano e scelgono vini profumati e di approccio facile, che non vuol dire semplice, o, anche, perché ha prezzi tutto sommato contenuti più a portata del consumatore di questi tempi. Sono temi – dice Mobrici – che vanno analizzati per trovare soluzioni e progetti, prima di tutto a favore dei vignaioli che sono i proprietari delle denominazioni e che ancora, nella maggior parte dei casi, non spuntano prezzi sufficienti per le loro uve. Eppure – segnala il presidente del Consorzio – è a loro che si dovrebbe guardare per programmare il futuro del vino piemontese. Se il reddito di chi coltiva la vigna non è sufficiente e dignitoso, non può esserci uno sviluppo vero, adeguato ed equo delle filiere. Quello che vorrei sottolineare è che a fronte dei volumi che tengono ci sono prezzi delle uve ancora non soddisfacenti per i vignaioli e questo è motivo di uno squilibrio che va affrontato e magari risolto». In questo senso Mobrici invia un appello alla politica piemontese: «Deve farsi carico di questo squilibrio e supportare, non con aiuti assistenziali a pioggia, ma con supporti a progetti validi e certificati, quelle denominazioni che portano in sé questi squilibri economici e sociali che poi sono alla base di dinamiche che rischiano di rallentare lo sviluppo del vino piemontese nella sua interezza. Oggi il Piemonte – dice Mobrici – conta su tipologie “top di gamma” che fanno da apripista su molti mercati mondiali. Sulla scia di questi successi si deve basare un allineamento di tutte le denominazioni del Piemonte, nel rispetto delle singole originalità certo, ma con l’attenzione che merita il reddito agricolo che deve essere sempre dignitoso e foriero di sviluppo».

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