Bollicine piemontesi dolci-amare. Il mondo del Moscato non trova pace. L’Asti perde colpi. C’è chi pensa al complotto. Il Consorzio si difende. I vignaioli sono divisi. Intanto sui surì…

inserito il 11 Dicembre 2015

Un settimana intensa quella che sta terminando e che introduce alle feste natalizie. Avrebbe dovuto essere un prologo alla seconda “vendemmia” del moscato, con vendite a raffica di Asti e Moscato docg. Invece il clima è avvelenato. nel mercoledì dell’Immacolata, a Santo Stefano Belbo, è andata in scena la protesta di una parte dei vignaioli, quelli della Produttori guidata, ormai da quasi 15 anni, dal vignaiolo enologo di Loazzolo (Asti), Giovanni Satragno. Al centro il calo vistoso di vendite dell’Asti docg che in quattro anni è passato da 81 a 55 milioni di bottiglie mentre il Moscato docg “tappo raso” veleggia sui 30 milioni di pezzi. Il direttore consortile Giorgio Bosticco, presente all’assemblea organizzata dal Cepam (diretto da Luigi Gatti si occupa di Cultura pavesiana, ma è da sempre in prima fila nelle battaglie sul moscato), ha dato la colpa alla recessione mondiale, alla crisi dovuta alle sanzioni Ue contro la Russia per la crisi Ucraina, alla concorrenza di altri prodotti. I vignaioli non gli hanno creduto e hanno accusato il Consorzio di Tutela di: A) connivenza con la parte industriale B) scarsa programmazione a garanzia di marchio e immagine, a questo proposito è stata tirata in ballo la questione, denunciata da SdP, dei falsi Asti in Ucraina e l’intricata vicenda di un marchio Asti Consortium creato da imprenditori dell’Est operazione poi bloccata dal legittimo Consorzio dell’Asti. Dunque le posizioni si sono irrigidite. Satragno ha accusato Consorzio e industrie, insieme ai “traditori” di Agrinsieme, altra associazione di agricoltori tacciata di essere filo-case spumantiere, di volere cancellare la sua associazione e minacciato di chiedere il commissariamento dell’ente. Bosticco ha rispedito le accuse al mittente. I vignaioli hanno rumoreggiato. Giovanni Bosco, del Ctm, movimento d’opinione che si occupa di moscato, ha rilanciato il suo progetto di una nuova doc, il Moscato d’Asti Spumante (Consorzio e industriali sono contrari) e detto che se le rese della vendemmia 2016 dovessero scendere troppo (80 quintali contro i 100 del disciplinare) erodendo il reddito rurale gli agricoltori sono pronti a occupare il Consorzio. E c’è anche chi vede, nel crollo delle vendite dell’Asti una strategia aziendale. Ma a che pro? Forse volta a fare restare saldamente nelle mani delle industrie spumantiere il mercato dell’Asti scoraggiando l’arrivo di altri protagonisti? Non si sa. Certo è che che la situazione è davvero (ancora una volta) effervescente. Cosa accadrà? Difficile prevederlo. Nel momento in cui scriviamo è convocata una commissione paritetica sul moscato. L’ha chiesta Satragno e l’ha concessa l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Giorgio Ferrero. Al tavolo, se ci saranno, industrie, cantine, vignaioli, associazioni di categoria. Intanto, in questo clima certo non sereno, c’è chi s’ingegna. E punta ai surì o sorì, a seconda che si pronunci all’astigiana o alla cuneese. Sono, comunque, quelle vigne di moscato, e di altri vitigni, che si trovano su pendii scoscesi di collina. Danno grappoli d’eccellenza e sono spesso coltivate quasi completamente a mano. Proprio in questi giorni la Cantina sociale di Cossano Belbo (Cuneo) ha lanciato il suo Asti docg dei Surì, sulla sponda astigiana l’azienda Pianbello dei fratelli Pietro e Mario Cirio, ha presentato il suo Moscato d’Asti Pianbè dei Surì e promosso anche un piccolo forum dove sono venute fuori idee e proposte. Il geologo Claudio Riccabone ha richiamato tecnici e vignaioli a preservare i surì come baluardo contro il degrado idrogeologico delle colline del moscato. Giovanni Bosco ha annunciato un suo progetto per la regolamentazione dei Moscati docg prodotti dalle uve dei surì. Stefano Ricagno, vicepresidente del Consorzio dell’Asti, ha sottolineato la necessità di mettere mano ai disciplinari e renderli più attuali, insieme alla necessità di tornare ad investire e reclamizzare l’Asti. Che dire? Speriamo che dalla commissione paritetica escano idee positive e in grado di ridurre la troppa effervescenza e, soprattutto, porre le basi per una stabilizzazione e sviluppo del comparto. L’Asti ha un prezzo medio al di sotto dei 3 euro, è stato detto, e questo è un problema. È nelle mani di poche industrie, e questo potrebbe essere alla base di alcuni problemi. Di qualità non si dovrebbe più parlare perché dovrebbe essere garantita dai disciplinari. Tutti nodi da sciogliere. Magari attuando quello che su questo blog si sottolinea da tempo: che i vignaioli ritrovino la coscienza di classe non solo nei momenti di crisi, ma sempre, che si facciano garanti di comportamenti virtuosi fin dalla vigna che deve essere luogo di eccellenza e non “mettiamo tutto nel calderone”, che le case spumantiere tornino a fare impresa e abbandonino la sciagurata teoria dei manager di ultima generazione, quelli che “vendiamo quello che è più facile vendere e molliamo i prodotti difficili da piazzare” (fino a venti anni fa manager e venditori con gli attributi facevano il contrario), il Consorzio operi per sviluppare il mercato interno (Italia) insieme a quelli esteri (perché non basta regalare coppe di Asti a bar e ristoranti) e si faccia garante della propria autorevolezza. Le organizzazioni di categoria e dei vignaioli si mettano attorno a un tavolo per trovare unità di scopo nel rispetto delle proprie diversità. Non è possibile che Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Agrinsieme e Produttori si scontrino sempre e comunque, spesso a prescindere. Ne va del futuro del settore. Insomma che si recuperi l’orgoglio di una filiera, intera, che è punta di diamante dell’enologia italiana. Gli esempi in Europa e in Italia ci sono. E se per far questo c’è bisogno di passi indietro, ebbene che i diretti interessati, direttori o presidenti che siano, li facciano e dimostrino di essere, come diceva il grande Totò, uomini e non caporali.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

 

5 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. contadina 18 Dicembre 2015 at 12:58 -

    Carina la location della protesta…Santo Stefano culla del prosecco! Mi chiedo se in Valdobbiadene ci sia un sito in cui si faccia promozione all’Asti…scusate l’ironia e auguri

  2. filippo 14 Dicembre 2015 at 15:39 -

    E in Cina? Quanti panettoni in Cina? Battute a parte hai ragione Terry. A prescindere dal costo, perché i panettonari secondo me chiederebbero una superscontistica, potrebbe essere un viatico per l’Asti in crisi. Mandiamo una email al Consorzio?

  3. Terry 14 Dicembre 2015 at 11:14 -

    Piccola nota di mercato: in Italia, secondo le ultime previsioni, si consumeranno 95 milioni di panettoni in occasione delle festività natalizie. Dico: 95 milioni!
    Se per ogni panettone gli Italiani stappassero una bottiglia di Asti, i suoi problemi sarebbero risolti. O no?

  4. giovanni bosco 11 Dicembre 2015 at 11:35 -

    Concordo al 100%.
    Buon Moscato d’Asti Spumante ….dei Sorì o Surì
    giovanni bosco

  5. Luca 11 Dicembre 2015 at 11:03 -

    Caro Filippo, come si suol dire “chi è causa del suo mal, pianga sè stesso”…. E me la prendo con tutta la filiera:
    -le case spumantiere multinazionali e non, si sono dimostrate miopi, poco inclini all’innovazione e avide, come lo sono sempre state, nello sfruttare l’Asti come una vacca grassa fin quando fa comodo
    – le organizzazioni sindacali e di categoria, bieche e insulse, legate al vile denaro e a quella maledetta poltrona, capaci solo di interagire a suon di stereotipi e clichè che non servono altro che ad alzare polveroni, disseminare veleni. Dunque, come si dice, per quanto mi riguarda tutte queste organizzazioni servono a una beata minchia!
    – gli agricoltori che non riescono ancora a capire che per fare un prodotto che inneggi all’italianità e che dovrebbe essere un vanto, non bisogna fare le famose 2 vendemmie: la prima quella ufficiale dell’Asti, la seconda lo smercio dei superi… Cari amici, finché farete del prodotto scadente, vi ritornerà solo prodotto scadente nelle tasche….

    E infine me la prendo con noi tutti, che preferiamo una bottiglia di Prosecco a una di Asti, che ci chiediamo, con un sogghigno ebete sotto i baffi, chi é quel cretino che beve tutto sto Moscato perché noi al massimo per “stimolare” il comparto compriamo 6 bottiglie di un generico mpf bianco….

    Solo una parola meritiamo per tutto ciò che ho cercato di descrivere brevemente: VERGOGNA

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