Clima. Lo Champagne punta alla sostenibilità. Il Piemonte e l’Italia del vino si diano una mossa. Il futuro (anche commerciale) è lì

inserito il 16 Novembre 2019

Tanti proclami e pochi fatti. Il rapporto tra il genere umano e la tutela climatica e ambientale del pianeta potrebbe essere sintetizzato in appena cinque parole. Altrimenti non sarebbero nati movimenti e personaggi contro inquinamento e disastri climatici.
Il mondo del vino mondiale è poca cosa rispetto ai grandi poli industriali e produttivi sparsi per il globo e tuttavia ha a che fare direttamente con un ambiente naturale, sia pure antropizzato, che deve trovare necessariamente un equilibrio. L’archiviazione della stagione dei diserbanti e della chimica a gogò è stata un buon inizio, ma non può bastare. Molte filiere si stanno spostando, più o meno velocemente, verso una filosofia sostenibile se non propriamente naturale. Ci sono state molte dichiarazioni di intenti, progetti di sostenibilità, riduzione dei trattamenti, proclami di buone intenzioni, ma è innegabile che siano ancora poche le prese di posizioni nette per una produzione vitivinicola meno impattante. Questo blog, anche se marcatamente rivolto alle produzioni piemontesi ha, nel proprio DNA l’attenzione alla genuinità dei prodotti ed è per questo motivo che pubblichiamo una recentissima (è stata diffusa ieri, 15 novembre) nota stampa del Comité Champagne, l’equivalente dei nostri Consorzi di tutela vitivinicoli, nella quale si danno informazioni e indicazioni precise proprio nel senso dell’impegno di sostenibilità che il comparto delle bollicine più pregiate e apprezzate al mondo intende prendere. E se lo fa lo Champagne…
Ecco, di seguito, il testo integrale del Comité. Buona lettura e buona riflessione.

Bottiglie più leggere che limitano del 20% l’impatto delle emissioni di CO2, un programma di innovazione varietale per selezionare varietà più resistenti agli stress climatici, il 90% dei rifiuti riciclati e valorizzati: sono solo alcune delle azioni a tutela dell’ambiente messe in campo negli ultimi 15 anni dalla Champagne, la prima filiera viticola al mondo a misurare la sua impronta carbonica e ad aver dato vita a un piano per ridurre del 75% le sue emissioni entro il 2050. Se ne è parlato oggi a Milano nel corso dell’Académie du Champagne, l’evento completamente dedicato alla formazione promosso dal Bureau du Champagne in Italia.

LA SFIDA CLIMATICA: PER ORA SOLO EFFETTI BENEFICI

Il cambiamento climatico è una realtà anche in Champagne, dove la temperatura media è aumentata di +1,1°C in trent’anni. Finora questo fenomeno si è rivelato benefico per la qualità dei mosti: vendemmia più precoce di 18 giorni, acidità totale calata di 1,3 grammi per litro di acido solforico, crescita minima (+0,7%) del titolo alcolometrico volumico naturale. Questi effetti positivi dovrebbero perdurare anche nel caso in cui le temperature crescessero di 2°C. Tuttavia già oggi la Champagne esplora scenari alternativi che le consentiranno di mantenere la tipicità dei suoi vini in caso di peggioramento della deriva climatica.

IN 15 ANNI RIDOTTE DEL 20% LE EMISSIONI DI CO2 PER SINGOLA BOTTIGLIA

La Champagne è stata la prima filiera viticola al mondo a calcolare con precisione la sua impronta carbonica. Nel 2003 la filiera si è dotata di un ambizioso piano a tutela del clima e punta a una diminuzione del 75% delle proprie emissioni entro il 2050. I primi risultati sono già arrivati: in 15 anni la Champagne ha ridotto del 20% le emissioni di CO2 per singola bottiglia.

NEL 2010 NASCE LA BOTTIGLIA LEGGERA

Dopo cinque anni di sperimentazioni, nel 2010 la filiera dello Champagne ha alleggerito del 7% il peso della bottiglia (da 900 a 835 grammi). L’effetto su imballaggi e trasporti ha permesso una riduzione delle emissioni pari a 8.000 tonnellate di CO2 all’anno, equivalenti a una flotta di 4.000 veicoli.

RICICLATI IL 90% DEI RIFIUTI

Nel suo processo volto alla sostenibilità ambientale, la Champagne è già oggi in grado di riciclare il 90% dei rifiuti prodotti, mentre il 100% dei sottoprodotti vinicoli viene valorizzato dall’industria, dalla cosmetica e dal settore farmaceutico e agroalimentare.

Inoltre, sono 120.000 le tonnellate di legno di risulta prodotte ogni anno dalla filiera: l’80% è trinciato sul posto per arricchire il terreno di humus e agire da fertilizzante naturale, il 20% è bruciato per una valorizzazione energetica che rappresenta un potenziale di 0,5 tonnellate equivalenti petrolio (TEP) per ettaro.

LA CHAMPAGNE INVENTA I VITIGNI DEL FUTURO

I vitigni della Champagne sono per lo più varietà antiche, a cui si è aggiunto di recente lo Chardonnay, la cui introduzione pare risalire a 150 anni fa. Dal 2010 la Champagne partecipa al programma di miglioramento varietale INRA-ResDur, studiando in situ le varietà candidate all’iscrizione al registro francese dei vitigni. In parallelo, il Comité Champagne ha intrapreso nel 2014 un programma regionale, che prevede incroci di Pinot Noir, Gouais, Chardonnay, Meunier, Arbane e Petit Meslier. Nel 2018 il programma è entrato nella fase di selezione intermedia (in campo sei anni), con la messa a dimora delle prime varietà che saranno valutate dal 2020. Altre varietà sono state piantate nel 2019, mentre i restanti impianti proseguiranno fino al 2022-2023.

CONTRASTARE L’IMPATTO DEL CLIMA NEL VIGNETO

La Rete di monitoraggio della maturazione delle uve, costituita nel lontano 1956 e che oggi copre circa 600 particelle, si sta rivelando quanto mai preziosa per calibrare le condizioni della vendemmia e preservare l’equilibrio dei mosti.

Il contenimento della chioma e della densità del fogliame sono leve di adattamento al cambiamento climatico. Le sperimentazioni in atto puntano a determinare gli effetti dell’intensità della cimatura nelle fasi di accrescimento della vite sulla concentrazione di acido malico nelle uve. Inoltre, è stata intrapresa una sperimentazione sulla densità di impianto e, in particolare, sulla distanza tra filari. Un primo bilancio delle ricerche evidenzia che le maggiori distanze tra i ceppi rendono la vite meno sensibile al gelo primaverile, facilitano la gestione delle fasce inerbite grazie a una meccanizzazione semplificata, consentono una migliore resilienza agli stress idrici e il mantenimento dell’acidità nelle uve.

CONTRASTARE LE VENDEMMIE PIÙ CALDE ANCHE IN CANTINA

Con il 2018 la Champagne ha registrato la quinta vendemmia iniziata nel mese di agosto da 15 anni a questa parte. Sono state sviluppate sperimentazioni per l’eventuale protezione delle uve e dei mosti dal calore. Le prime misure vanno naturalmente adottate in vigneto: raccolta nelle ore più fresche della giornata, cassette di colore chiaro riposte all’ombra dei filari e lontane dai raggi di sole. Anche in cantina i tempi di lavorazione possono essere ridotti con diverse strategie: inoculazione in fase precoce dei lieviti per evitare ritardi nella fermentazione, rispetto rigoroso delle norme igieniche per scongiurare lo sviluppo di microrganismi indesiderati, mantenimento dei mosti a una temperatura compresa tra 18 e 20 gradi.

L’ADATTAMENTO ALLA DIVERSA COMPOSIZIONE DEI MOSTI

Anche le pratiche enologiche devono adeguarsi per assicurare l’eccellenza costante dei vini di Champagne. La tendenza verso una maturità sempre più spinta comporta concentrazioni zuccherine nei mosti solo leggermente maggiori. Nulla di allarmante, quindi: sono sufficienti un minor zuccheraggio e l’imbottigliamento a pressioni inferiori per non aumentare il grado alcolico. Quanto all’acidità, malgrado la diminuzione negli ultimi 10 anni del contenuto di acido malico dovuto alla maggiore maturità l’evoluzione del pH è stata minima. In realtà, nel vigneto e alla pressatura, tutto è stato pensato per contenere i valori del potassio dei mosti: minor ricorso a fertilizzanti, inerbimento, portainnesti meno produttivi, pressatura soffice e graduale.

UN DISCIPLINARE PER LA CERTIFICAZIONE DELLA VITICOLTURA SOSTENIBILE IN CHAMPAGNE

Il disciplinare in 120 punti sulla Viticoltura sostenibile in Champagne realizzato dal Comité è stato riconosciuto dal Ministero dell’agricoltura francese ed è oggi adottato sul 15% delle superfici vitate. Globalmente, il 20% della superficie della denominazione oggi detiene una certificazione ambientale.

ACADÉMIE DU CHAMPAGNE 2019

Sono stati 180 i professionisti del vino provenienti da tutta Italia che si sono dati appuntamento questa mattina a Milano presso l’hotel Principe di Savoia per l’Académie du Champagne, l’annuale evento dedicato all’alta formazione della denominazione organizzato dal Bureau du Champagne in Italia. Il titolo dell’edizione del 2019 è stato “Le scelte dello Chef de cave”, un tema affrontato sotto tre differenti declinazioni: i vini di riserva, la fermentazione malolattica e il dosage. Le masterclass sono state condotte dagli Ambasciatori dello Champagne, una rete di professionisti scelti sulla base di una rigorosa selezione dal Comité Champagne. Claudia Nicoli e Nicola Roni, rispettivamente Ambasciatori italiani dello Champagne nel 2006 e nel 2007, hanno guidato il pubblico nel corso della giornata insieme a Benoît Villedey, enologo dei Servizi Tecnici del Comité Champagne.

L’Académie du Champagne è anche social con l’hashtag #academiechampagne.

Il Comité Champagne, creato dalla legge francese del 12 aprile 1941, ha sede a Epernay e riunisce tutti i viticoltori e tutte le Maison di Champagne. L’organizzazione interprofessionale rappresenta uno strumento di sviluppo economico, tecnico e ambientale. Il Comité Champagne mette le due professioni in relazione tra loro e conduce una politica di qualità costante e di valorizzazione del patrimonio comune della denominazione.

Risorse online

Sito web dell’Académie du Champagne: https://hrpeventi.wordpress.com/

Fototeca Champagne: www.phototheque.champagne.fr/index_fr.php

Facebook: www.facebook.com/champagneofficialpage/  

Instagram: https://www.instagram.com/champagne_officiel/

Web: www.champagne.it – www.champagne.com

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