Degustazione. Una serata con gli champagne Krug per imparare dai cugini francesi come si raccontano (e vendono) i vini

inserito il 23 Ottobre 2019

Una serata con le francesi (bollicine, s’intende) lascia sempre buone vibrazioni e indicazioni.
Se poi le bollicine sono il mito dell’eno-grandeur gallica, cioè lo Champagne, allora il quadro è perfetto.
L’occasione ce l’ha fornita l’invito a un evento degustazione di Champagne Krug organizzato dal Rotary di Canelli-Nizza Monferrato (Asti) in quel di Canelli dove, non a caso, oltre un secolo e mezzo fa nacque il primo spumante d’Italia per merito di Carlo Gancia che, da giovane, si recò nella regione della Champagne per apprendere i segreti del metodo con cui i francesi producevano il loro vino spumante e che poi lo avrebbe applicato ai vini italiani creando un comparto diffuso in tutte le regioni italiane e oggi più che mai competitivo. Inoltre proprio a Canelli è nata l’idea del progetto che portò nel 2014 alla dichiarazione dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato a Patrimonio dell’Umanità Unesco, titolo che alcuni anni dopo fu assegnato anche alla regione francese della Champagne.
Tornando alla degustazione Krug è stata allestita al ristorante è il Grappolo d’Oro, un must della cucina quotidiana della valle Belbo dove piatti come la Bagna Cauda, i tajarin o le raviole dal plin hanno un senso inarrivabile di famigliarità che rincuora e rassicura.
A condurre gli assaggi di tre tipologie della grande maison la giovane brand manager Carola Braggio, nicese doc, classe ’92, una laurea in Economia e un master in management alla Bocconi, importanti esperienze all’estero e una ottima capacità di comunicazione.
Del resto Carola ha il vino un po’ nel DNA. La mamma Cinzia (il papà è Federico Braggio presidente del Rotary Canelli-Nizza Monferrato) è una Soave, famiglia di Nizza Monferrato che da anni, insieme con i Massimelli, è coinvolta nella gestione della Bersano, una delle Case vitivinicole piemontesi storiche nel panorama italiano.
In degustazione nella serata Krug tre tipologie: un Grande Cuvée 167ª edizione (2018), un Brut 2006 e un Rosé 23ª edizione Brut con prezzi al pubblico tra i quasi 200 agli oltre 300 euro a bottiglia. Non cifre esorbitanti, ma neppure leggere, diciamo adeguate per un ceto medio-alto che può permettersele.
Quali le sensazioni? Sicuramente la cura con cui sono fatti gli Champagne Krug, con un’attenzione definita maniacale che, non si stenta a crederlo, ha fatto la fortuna della maison.
Carola Braggio, da parte sua, ha raccontato in modo perfetto e impeccabile la storia suggestiva di un Casa che ha fatto e fa la storia dello Champagne. Ne è venuto fuori un quadro perfetto di capacità imprenditoriale, qualità di brand e di prodotto, che marcano senza dubbio la differenza e non solo rispetto ai vini italiani.
L’Italia, che, è bene ricordarlo, è tra i più importanti mercati per lo Champagne, in questo deve ancora imparare molto dai cugini d’Oltralpe, magari non in campo agrotecnico, ma decisamente sì in tema di management, marketing e di quel “racconto del prodotto” che in Italia quando non manca del tutto è spesso relegato ai margini delle attività operative come se la comunicazione fosse l’ultima cosa. È un errore fatale che, per fortuna, molti produttori italiani stanno arginando.
Infine un accenno sull’inevitabile confronto tra bollicine francesi e italiane: parlare di sorpassi ci pare francamente una stupidaggine. I conti si fanno sul valore e sulla qualità più che sui volumi.
I francesi sembrano averlo capito da qualche secolo, gli italiani un po’ meno, ma, ad onor del vero, danno segnali di risveglio.
Sullo sfondo, al di là della sana rivalità commerciale e di territorio, resta l’amore e la passione per vini che non per caso nell’Ottocento erano chiamati “vini della gioia” e solo Dio (o chi volte) sa quanta bisogno di gioia e amore abbia bisogno questo mondo.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

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