Esclusiva. La Spinetta acquista 30 ettari di Timorasso. Parla Giorgio Rivetti: «Lì per investire e far crescere un grande bianco piemontese». E sul mondo del vino in Piemonte dice che…

inserito il 16 Luglio 2020

C’è chi dice che Giorgio Rivetti, enologo e vignaiolo con La Spinetta, azienda di famiglia in quel di Castagnole Lanze, nell’Astigiano, sia uno che va dietro alle eno-mode. Altri, invece, ne parlano come di un imprenditore che ha saputo diversificarsi, partendo dalla Barbera d’Asti e dal Moscato d’Asti, ampliando i suoi orizzonti verso il Barolo, la Toscana e, da pochissimo, anche nel Tortonese con l’acquisizione, che SdP dà come notizia in anteprima, di una trentina di ettari di Timorasso, il grande vino bianco tortonese lanciato anni fa dal quel guru visionario dell’enologia che è Walter Massa a cui tutto deve il mondo del Timorasso.
Per la verità di investimenti nella zona ce ne sono stati negli ultimi anni.
Ci sono stati i langhetti del Barolo, che capitalizzano un po’ dappertutto, Barbera compresa, e c’è stato anche Oscar Farinetti che ci ha messo del suo acquistando qualche ettaro con grande eco sui media e piacere dello stesso Massa, comprensibilmente contento di aver tra i colleghi vignaioli della zona un personaggio così mediatico e conosciuto. Un faro in più sul Timorasso non fa certo male.
L’operazione di Rivetti, tra i pochi astigiani che operano nell’area del Tortonese, a cominciare dai numeri, sembra legata più profondamente al territorio del Timorasso. Lo rivela lui stesso in questa intervista realizzata con davanti la bottiglia del quasi debuttante Timorasso firmato La Spinetta, etichetta in oro brunito e capsula ancora provvisoria, che uscirà nei prossimi mesi.
Giorgio Rivetti ha parlato dei 5/7 ettari di Timorasso già in produzione e di altri 23 che seguiranno nei prossimi anni. «Se tutto andrà bene la potenzialità totale e finale sarà di 120 mila bottiglie» ha detto e rispedito al mittente il sospetto che il progetto La Spinetta sia di eno-speculazione, «Non compriamo trenta ettari solo per arricchire la gamma con un nuovo prodotto. Crediamo nel progetto a lungo termine» ha sottolineato parlando delle difficoltà di trovare vigneti da acquistare («il più giovane proprietario ha settant’anni») e della volontà della sua famiglia di investire e far crescere anche all’estero il Timorasso.
Ha dichiarato rispetto per il grande lavoro fatto, e che ancora fa, Walter Massa e parlato della necessità di sdoganare il Timorasso come vino bianco che può ispirarsi a certi francesi (attenzione ai soliti puntigliosi piemontesi dell'”esageruma nen”).
E poi, un po’ provocato un po’ no, ha parlato anche degli altri vini del Piemonte «Che nel mondo vuole dire alta qualità del vino»: del Moscato d’Asti e dell’Asti docg che hanno “tenuto” la crisi pandemica; della Barbera d’Asti che fatica, ma che va avanti con tenacia; del Barolo e Barbaresco a cui, dopo la crisi della pandemia, il tempo darà ragione. del gioiello Alta Langa.
Alla fine c’è anche il tempo per parlare, appunto, di quella “bestia” del Covid -19. Ha detto Rivetti: «Italia e Germania ne usciranno meglio, perché hanno capito che è una cosa seria. Altri no. Ci sono stati i morti, tanti, troppi ed è una ferita grande. L’economia viene dopo la salute. Noi vignaioli dobbiamo far finta che il virus sia stata una grandinata. E sapete cosa facevano i contadini piemontesi dopo la grandinata? Lavoravano il doppio e non si abbattevano perché tanto non serve».
Qui il video dell’intervista.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)



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