Esclusivo. Nella patria del primo spumante d’Italia nasce il primo bio-vermouth piemontese

inserito il 8 Ottobre 2012

Una coincidenza è un caso, due sono un indizio, ma tre sono una prova. E la prova è che nell’Astigiano da quasi due secoli l’enologia è un’eccellenza mondiale indiscutibile. Qui è nato il primo spumante italiano, ci sono case spumantiere famose e, da oggi, il primo vermouth biologico piemontese. Lo produce La Canellese, storica Casa vinicola che, unica in Piemonte, ha solo ed esclusivamente vini aromatizzati nel proprio core business. Al timone ci sono i fratelli Sconfienza, Lucia, Bruna e Alfredo. Canellesi doc, che da qualche anno, hanno spostato l’azienda, dalla sede di Canelli attiva dal 1947, a quella moderna di Calamandrana, a pochi chilometri dalla capitale astigiana del vino.

Qui, nel maggio di quest’anno, è nato un vermouth interamente biologico. Racconta Alfredo Sconfienza, che è farmacista, come quel Giuseppe Cappellano inventore, a fine Ottocento, del Barolo Chinato: «Un nostro cliente americano ci chiese un vermouth con vino base biologico e una bassissima percentuale di solfiti. La sua era una richiesta dovuta al gusto dei consumatori Usa che si sta orientando sempre di più verso questo tipo di prodotti. Era una sfida che io e le mie sorelle accettammo».

Pochi mesi dopo, non senza la difficoltà nel reperire un vino bio, La Canellese avvia la produzione di un Vermouth Dry biologico o, come lo definisco in Usa, “made with organic grape”. Il nome scelto fu “Foro”, come il foro romano dove gli antichi avi degli italiani avevano concentrato le attività commerciali, culturali e politiche dell’Urbe.

Il Vermouth ha avuto buona accoglienza sul mercato americano. «Ma non escludiamo una produzione anche destinata ad altri mercati, Italia in testa» dicono i fratelli Sconfienza.

La Canellese è un’azienda famigliare medio-piccola, «Siamo tre anime in un corpo solo e a volte serve un’esorcismo per capirci qualcosa» scherza Lucia Sconfienza. Ma intanto l’azienda canellese è finita sotto la lente di diversi importatori e clienti, soprattutto internazionali. «I vini aromatizzati sono una nicchia, che però sta crescendo» avvertono i Sconfienza.

Che proprio in questi giorni hanno ricevuto la visita di due clienti importanti: Giancarlo Mancino, barman, italiano (è di Pignola in Basilicata) con trascorsi in Usa e residenza ad Hong Kong, a capo di una società di servizi, la Giancarlobar, specializzata nel settore locali e bar che opera negli Stati Uniti e distribuisce anche prodotti italiani selezionati con proprio marchio (è il caso del Vermouth Mancino); e Joseph Magliocco, italoamericano (la famiglia è originaria di Villabate in provincia di Palermo) al timone di un gruppo che comprende una distilleria di whiskey, la Michter’s e una società di importazioni.

Mancino conferma a Sdp che: «in America i clienti si stanno sempre più orientando verso il giusto dolce. I vini aromatizzati vanno in questa direzione. Il boom del Moscato aiuta. Quello che devono fare  produttori italiani? Puntare sul valore del Made in Italy, è un brand sempre forte in Usa e nel resto del mondo, anche in tema di cocktail e vermouth».

Insomma allo scadere del 520° anniversario della scoperta dell’America (12 ottobre 1492) gli eredi ci Colombo devono riandare alla conquista del Nuovo Mondo. Spinti, come fu 5 secoli fa, dalla voglia di imporsi, ma anche dalla necessità di ampliare mercati e business. Lo spread non perdona.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

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