Export Vino. Crollo Russia, recupero Cina, tenuta Usa. Prosecco ancora superstar. I dati Nomisma Wine Monitor

inserito il 16 Agosto 2015

Roustam Tariko, il tycoon russo che da quattro anni è padrone della Gancia di Canelli, dove più di un secolo e mezzo fa è nato il primo spumante d’Italia, recentemente lo aveva detto chiaro e tondo: per conquistare i mercati stranieri si punta su Prosecco e Pinot di Pinot (che del Prosecco è stato un precursore, almeno commercialmente). Qualche giorno fa Nomisma Wine Monitor, osservatorio dell’istituto di ricerche Nomisma, sul mercato del vino, nato e pensato per supportare le imprese e le istituzioni della filiera vitivinicola italiana nella comprensione delle dinamiche di mercato, sia a livello nazionale che mondiale, ha certificato questa tendenza, nell’ambito di una “fotografia” dell’export di vini italiani e di altre nazioni produttrici, sui vari scenari mondiali. Il titolo del rapporto, visibile in versione integrale qui, è inequivocabile: Import di vino mondiale tra alti e bassi. Ancora più chiaro il sommario che recita: “I dati sui primi 5 mesi del 2015 mostrano una situazione in chiaro-scuro: crolla la Russia, recupera la Cina, tengono gli Stati Uniti. Per l’Italia continua la corsa del Prosecco in UK e Nord America, rallentano i vini fermi imbottigliati mentre cala lo sfuso ad opera di una Spagna che cresce ancora in questo segmento”. 

Insomma la situazione è abbastanza fluida con un mercato russo che forse risente non solo delle tensioni commerciali dovute alla guerra in Ucraina e dalle conseguenti sanzioni Ue volute fortemente dalla Germania, un mercato cinese che si sta riprendendo e una sostanziale tenuta degli scambi commerciali con gli Usa.

Basterà questo per decretare uno sviluppo del vino italiano e più specificamente di quello piemontese? È ancora presto per dirlo. Di certo c’è da sperare che il Piemonte del vino trovi quello spirito unitario che è sempre mancato, soprattutto in materia di marketing di eno-territorio. E pensare che ci sarebbe uno strumento in più da sfruttare: quello di essere diventati un anno fa, come paesaggi vitivinicoli piemontesi, sito Patrimonio dell’Umanità tutelato dall’Unesco. Ma allo scorso Vinitaly nessuno, neppure la Regione Piemonte, si ricordò di scriverlo su un banner, uno striscione, una bandiera. L’augurio è che nei mesi avvenire qualcuno se ne ricordi. Prima che ci surclassino “soliti” francesi.

SdP

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