Forum. Il Nizza docg a caccia di ambasciatori nel relais (astigiano) dello chef più stellato d’Italia

inserito il 19 Novembre 2019

La cornice è stata quella delle grandi occasioni: un relais, il Sant’Uffizio (zona Penango d’Asti) sulle colline del Monferrato (Nord Astigiano, in direzione di Casale) guidato da uno chef, Enrico Bartolini, che ha più stelle Michelin di tutti perché al timone di un gruppo di locali stellati; coadiuvato da un giovane collega langarolo, Gabriele Boffa, che condivide l’avventura monferrina e con, soprattutto, i produttori del Nizza docg a caccia di ambasciatori del proprio vino “evangelizzando” sommelier, giornalisti, ristoratori e operatori del settore del food convocati per una giornata di “studio” e, naturalmente, di assaggi.
Gli elementi c’erano tutti per un focus sul Nizza docg proposto dall’associazione presieduta da Gianni Bertolino.
S’è cominciato con l’introduzione di Marco Trabucco, giornalista di cibo e vino lato Repubblica; quindi la bella (anche se un po’ lunga) prolusione di Alessandro Masnaghetti, l’uomo che disegna le vigne, l’ingegnere un po’ Indiana Jones un po’ Piero Angela, che riscopre e racconta i territori del vino mettendoli su mappe dettagliate che riferiscono di colline, di vigneti e di antichi nomi mormorati e ricordati solo dai contadini-vignaioli.
Il suo lavoro sul Nizza che fu presentato l’anno scorso (leggete qui) è e resta una svolta epocale nella storia di questa recente docg che, come ha spiegato Bertolino, era evocata almeno dalla fine degli Anni Sessanta.
Il punto di vista di sommelier e chef lo hanno fornito rispettivamente, Davide Canina, professionista (curiosamente anche lui ingegnere di formazione accademica) che si occupa di carte dei vini (tra cui quella del relais del Sant’Uffizio) e lo stesso Enrico Bartolini.
Di entrambi pubblichiamo qui la video intervista insieme a quella a Gianni Bertolino.
In conclusione bene che il Nizza docg e, in generale, tutti i vini del Piemonte, dopo qualche anno di pausa e/o riflessione, si siano rigettati nell’agone prendendo per le corna il toro della comunicazione e promozione, tradotto: si stanno dando da fare.
Il Consorzio della Barbera, di cui il Nizza docg fa parte, è partner in molti eventi sul territorio e fuori; idem il Consorzio dell’Asti e del Moscato d’Asti docg tra eventi milanesi e una recente missione negli Usa (ma in pochi lo sanno o molti fanno finta di non sapere) a cui seguirà, a breve, un incoming (una visita sul territorio) di giornalisti e blogger americani; il Consorzio dell’Erbaluce a giorni festeggerà i dieci anni della denominazione Caluso; quello del Gavi è sempre sul pezzo con iniziative varie in Piemonte e non solo; quelli dell’Ovada docg che hanno un sacco di voglia di fare; il Consorzio del Barolo e il Barbaresco (spesso con quello del Roero) oltre alle tante manifestazioni sul territorio (ad esempio a gennaio 2020 Grandi Langhe) il prossimo anno volerà negli Usa per una grande kermesse ed è la prima volta che non ci si affida solo all’iniziativa della grandi griffe barolistiche e barbarescane.
Insomma se proprio si vuole fare una critica ai piemontesi del vino non si può dire che in questo momento stiano fermi.
Però (c’è sempre un però) non si riescono proprio a fare squadra. È più forte di loro. Oltre alle dichiarazioni di facciata non si va. Alla fine ognuno si crede più degli altri, molto al di là della sana competizione tra filiere, molto al di là di una benefica autostima e alla legittima e sacrosanta difesa dei propri interessi. Il fatto che in questa Italia confusa e un po’ depressa sia una situazione diffusa non consola.
E questo, non solo per il comparto del vino, è davvero un gran peccato.
(foto e video sono di Vittorio Ubertone)

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

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