Non paia eccessivo, ma ieri, invitato a Canelli da una lista in corsa per le elezioni comunali, Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, il movimento della cultura del cibo lento e sostenibile, ha affascinato centinaia di persone accorse per sentire il suo pensiero.
L’ideatore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, centro da 700 anima che oggi ospita oltre 500 studenti, e di moltissimi eventi legati ad agricoltura e cibo, vino incluso, non ha deluso. Prima un brindisi in una Cantina storica canellese, la Coppo, dove Petrini, con l’assessore regionale all’Agricoltura, Giorgio Ferrero (candidato alle elezioni regionali), il presidente del Consorzio della Barbera, Filippo Mobrici e il direttore del Consorzio dell’Asti e del Moscato, Giorgio Bosticco, ha incontrato i produttori del Canelli docg (presidente Gianmario Cerutti), nuovo cru da uve moscato approvato recentemente dal Consorzio dell’Asti e del Moscato, e una rappresentanza di produttori di Roccaverano dop, la robiola a base di latte di capra della Langa astigiana. Quindi il bagno di folla con oltre 300 persone ad ascoltare la filosofia del Grande Vecchio braidese che in gioventù, da una costola dell’Arci Gola (lato Pci), seppe vedere le potenzialità del mangiare lento, rispettoso delle tradizioni contadine e attento ai temi ambientali. E ieri a Canelli Petrini ha dipanato tutta la sia filosofia tra green, buona agricoltura e cibo salutare e perfino politicamente corretto.
Certo i numeri che il fondatore ha fornito, pur risaputi, hanno fatto l’effetto di un pugno nello stomaco: «Mille anni fa eravamo 400 milioni sul pianeta – ha detto -. In mille anni siamo passati a 2,5 miliardi e negli ultimi 70 anni ai 7,7 miliardi di oggi. Nel 2050 si stima saremo 10 miliardi. Dobbiamo pensare a come vivere bene prima di tutto rispettando il pianeta senza aspettare che sia una sedicenne a dircelo, perché noi lo sappiamo che stiamo facendo delle castronerie».
E giù a parlare di sprechi. Prima di tutto quelli nel frigo di casa con ancora numeri e percentuali a supporto. «Buttiamo via in media il 38% del cibo che acquistiamo – ha detto Petrini -. Rappresenta circa 5 miliardi di ettari dell’intero terreno coltivabile della Terra. Uno spreco indicibile, colpevole e sciagurato. Dobbiamo imparare a comprare meglio e non sprecare cibo. E intanto in Africa si estendono drammaticamente le aree desertiche che non sono più coltivabili. C’è anche questo dramma alla base delle migrazioni. E noi abbiamo il dovere di darne testimonianza al di là di steccati, muri e fili spinati». Al netto delle politiche internazionali il riferimento ai cambiamenti climatici è inevitabile: «In Sicilia stanno piantando banane, in Inghilterra le viti. Sta succedendo qualcosa e non possiamo fare finta di niente. Siamo a un bivio. Dobbiamo fare scelte pro ambiente. Scegliamo le produzioni più vicine a noi, magari nei mercatini dove i contadini vendono direttamente i loro prodotti. Il costo non è importante se sappiamo usare il cibo con giudizio e rispetto per il nostro portafoglio e chi lo coltiva».
Quindi i riferimenti al Piemonte: «Tranne quelli di Cavour (riferimento all’Albese? ndr) noi piemontesi abbiamo sempre un profilo basso. Invece siamo bravissimi e dobbiamo dirlo al mondo. Bene la nascita del Canelli docg che sottolinea la tipicità. Dobbiamo continuare su quella linea. Se ci saranno qualità, tipicità e biodiversità, il mercato risponderà al meglio e arriveranno prezzo e giusta remunerazione per la filiera».
Infine tra i tanti temi anche quello dell’abbuffata tv di programmi dedicati alla cucina. «Non è quello il mondo della ristorazione – ha tuonato Petrini da Canelli senza rinunciare all’ironia su seguitissime trasmissioni condotte da chef stellati: «Io li conosco tutti – ha detto Carlin -. Prima di diventare star della tv – ha detto ironico – erano persone normali. Ora sono personaggi televisivi che praticano tutte le regole per fare lo show. La cucina non è questa. In tv si parla solo di ricette, non di tipicità, origine, biodiversità, ambiente, produzioni sostenibili. Cose che, invece, i consumatori chiedono, per la loro salute e quella del pianeta dove tutti no viviamo e dovranno vivere i nostri figli e nipoti». Applausi.
fi.la.
Il dott. Stroppiana, che è candidato sindaco a Canelli (Asti) e compete con Paolo Lanzavecchia e Fausto Fogliati, ha ragione, Petrini ha detto belle cose e questa era la notizia che abbiamo seguito e scritto e che interessa noi e i nostri lettori. La notizia, dunque, non era chi ha organizzato l’incontro, ma cosa ha detto Petrini. Inoltre chi ha organizzato è una lista in corsa per le elezioni comunali, interessata dunque a essere citata per un evento che è stato allestito proprio nel bel mezzo di una campagna elettorale. Per questo, nel rispetto della par condicio e di una deontologia professionale che il dott. Stroppiana non è tenuto a conoscere, ma che, in quanto medico, dovrebbe rispettare, si è deciso di non citare gli organizzatori. Del resto, proprio qualche giorno prima dell’incontro, proprio il dott. Stroppiana, annunciando l’evento con Petrini, aveva escluso che il fondatore di Slow Food in qualche modo potesse avere un ruolo di testimonial e sostegno alla stessa lista. Chi ha assistito all’incontro ha potuto constatare che le cose sono andate, inevitabilmente, in maniera diversa. Qualcuno poi, come ha già fatto in forma privata un candidato della lista Stroppiana, ha criticato la nostra citazione dell’assessore Giorgio Ferrero, presente sia all’incontro pubblico che a un privato avvenuto pochi minuti prima. Lo abbiamo fatto semplicemente perché Giorgio Ferrero, nonostante sia candidato alle elezioni regionali, è ancora l’assessore all’Agricoltura in carica per la Regione Piemonte e quindi ha avuto senso citarlo come sa chi conosce tecniche e regole professionali del giornalismo professionistico. Per altro, in altra parte di questo blog, pubblichiamo gli interventi di un altro candidato alle regionali, Luigi Genesio Icardi, di opposto schieramento a quello di Ferrero, ma anche lui investito da un ruolo preciso in campo agroalimentare essendo presidente dell’associazione Comuni del Moscato. Detto questo e a riguardo dell’ultima affermazione del dott. Stroppiana ci limitiamo a assicurare che in questo blog, realizzato da professionisti, noi raccontiamo tutti, ma proprio tutti, i fatti che accadono e sopra di tutto diamo conto di quei fatti che interessano i nostri lettori, non certo quelli che fanno comodo solo a coloro che, per propri tornaconti, vorrebbero essere citati a ogni costo. Buona campagna elettorale.
Carlin Petrini non è venuto a Canelli per tutte queste belle cose invitato da “una lista in corsa per le elezioni comunali” qualsiasi.
E’ venuto a Canelli invitato dalla Lista “Stroppiana Sindaco-Insieme per Canelli”, che è stata ben contenta che l’idea abbia creato occasioni di incontro, di promozione di cultura, di sostegno al territorio. Questo è il centro del nostro programma: lavorare noi per sostenere altri.
Quando raccontiamo i fatti raccontiamoli tutti.
D’altra parte Petrini si riferiva al fatto di inserire prodotti più locali nei nostri acquisti.
Grazie del commento che dovrebbe aprire un dibattito per chiarire molte cose.
Il cibo a chilometri zero ha molti buoni motivi. Permette di far conoscere a molte persone il problema di certe insensatezze del mercato agro-alimentare, dell’importanza di cercare un rapporto tra chi produce il cibo e chi lo consuma, di far sì che ci si domandi da “da dove viene ciò che consumo”.
Ma valutiamo la questione del cibo a chilometro zero anche alla luce dell’economia nazionale. È noto a tutti che noi italiani produciamo dell’ottimo cibo e dell’ottimo vino. Tutto il mondo ci riconosce questo pregio ed apprezza i prodotti italiani. Le nostre imprese agroalimentari, nell’attuale drammatica congiuntura economica, sopravvivono perché sono riuscite trovare importanti sbocchi all’estero grazie alla indiscutibile qualità dei nostri prodotti. L’Italia esporta massicciamente vino, frutta, pasta, formaggi e latticini, salumi e prosciutti, preparazioni di ortaggi-legumi-frutta, ecc. ecc.
Che succederebbe ai produttori di vino piemontese se tutti si mettessero a bere a chilometri zero? Un disastro. O se gli abitanti di Monaco di Baviera non comprassero più frutta italiana: buona, ma mi spiace, arriva da lontano…
C’è poi un’altra questione da non sottovalutare. Sostenere le economie dei Paesi poveri aiuta a porre un freno all’immigrazione selvaggia, uno dei problemi più gravi che in questo periodo affligge l’Italia e l’Europa. Niente più datteri dalla Tunisia? C’è il rischio che molta più gente, privata della propria forma di sostentamento, fugga da quel Paese e si imbarchi alla volta dell’Italia. Identico ragionamento vale per le arachidi importate dal Senegal, per gli ananas importati dal Ghana o dalla Costa d’Avorio e per i prodotti di molti Paesi del terzo mondo.