Intervista. Nasce il primo Alta Langa firmato Contratto. Giorgio Rivetti: «Atto d’amore verso la nostra terra Patrimonio Unesco». Sul Piemonte del vino: «Più spirito di rete» e sull’Asti docg dice che…

inserito il 22 Febbraio 2018

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Dietro all’immagine da enologo, da manager grande conoscitore dei mercati e di concreto front man della Contratto di Canelli (Asti), una delle maison piemontesi più blasonate e storiche del Piemonte vinicolo, Giorgio Rivetti, da Castagnole delle Lanze, lato del Sud Astigiano che guarda verso il Cuneese, conserva la verve immediata e schietta del vignaiolo.
Del resto i Rivetti, al timone de La Spinetta, casa vitivinicola con vigneti astigiani, ma anche con aziende e tenute nella zona del Barolo e in Toscana, dei “piedi nella terra” hanno fatto non solo la propria caratteristica di imprenditori del vino, ma anche un valore aggiunto da spendere a livello nazionale e internazionale. Vincendo.
Sette anni fa il salto nel mondo delle bollicine con l’acquisto della Contratto e delle sue cantine vere “cattedrali sotterranee” insieme a quelle Bosca, Coppo e Gancia.
Due anni fa l’acquisizione di decine di ettari di vigneto in Alta Langa e l’annuncio: «Tutti gli spumanti Contratto diventeranno Alta Langa». Una rivoluzione e una scelta di campo, è il caso di dirlo, fortissime che pochi giorni fa si sono concretizzate nella presentazione sui social del primo spumante Alta Langa firmato Contratto, il For England Blanc de Noirs 2013 ottenuto con uve pinot nero da vigneti di trent’anni coltivati in quel di Loazzolo, cuore della Langa Astigiana e patria di colline con pendii scoscesi, epici, ideali per questa coltivazione e queste uve. «È un Pas Dosé che stupisce per eleganza e mineralità» fanno sapere dalla Contratto.
SdP ne ha parlato con Giorgio Rivetti, incontrandolo nelle sale storiche della Casa canellese che sovrastano e circondano le Cantine scavate direttamente nella collina di Villanuova di Canelli.
Ne è venuta fuori una intervista a 360 gradi sul mondo del vino piemontese con Rivetti che ha detto la sua su molti temi dalle potenzialità immense dell’Alta Langa alla necessità sempre più impenllete per i piemontesi di fare rete, concetto, questo, ripetuto da molti produttori e non, ma mai abbastanza messo in pratica. E un’idea, quella di focalizzarsi su vini che abbiano una forte connotazione territoriale, che Rivetti estende ad altre denominazioni e che sublima con la regola aurea: meno produzione, qualità sempre più alta, remunerazione in crescita. Una ricetta non facile che collide con visioni più pragmatiche che tendono ad adattarsi a regole di mercato sempre più stringenti e globalizzate.
Modi diversi di interpretare il commercio del vino piemontese che, a nostro avviso, potrebbero e dovrebbero convivere. Di esempi ce ne sono, anche vicini a noi. E pensare che un terreno comune c’è: sono i vigneti piemontesi che sono diventati quattro anni fa sito Unesco e Patrimonio dell’Umanità. In questa intervista Giorgio Rivetti lo conferma: «Il riconoscimento Unesco è davvero una grande opportunità che fa da volano, come è accaduto in altre aree vitivinicole, a economia, cultura e paesaggio. Ma – avverte  – dobbiamo intenderlo come un punto di partenza per fare sempre meglio. Dobbiamo fare un passo indietro, guardare alle nostre tradizioni, interpretare il presente e proiettarci al futuro con cognizione di causa trasmettendo ai giovani, che sono il nostro domani, la nostra passione per il vino, per la terra, per l’ambiente».
Un brindisi e un “evviva!” ci stanno tutti.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

Qui la videointervista a Giorgio Rivetti. Le riprese e le immagini sono di Vittorio Ubertone.

1 Commento Aggiungi un tuo commento.

  1. Pinuccia Codispoti 23 Febbraio 2018 at 22:25 -

    Complimenti sempre sulla cresta dell’onda……

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