Libri. Lo scrittore Marco Drago racconta Teo Musso. La vita del guru piemontese della birra artigianale nata nella patria del vino

inserito il 3 Giugno 2013

«Io ero benvoluto perché portavo la birra…», «…Tutto torna, no?». Sono le prime e le ultime parole del nuovo libro di Marco Drago, scrittore e conduttore radiofonico piemontese, canellese per la precisione, trapiantato a Milano. Il volume, in libreria da poche settimane, è la biografia neintepopodimenoche di Teo Musso, il guru della birra artigianale italiana.

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In realtà, nelle prime righe di questo post, abbiamo già commesso un errore. Perché Matterino Musso, detto Teo, classe 1964 (Drago è del ’67) non è il guru della birra, lui “è” la birra artigianale italiana e sta alla bionda (o rossa o scura) come l’omino coi baffi, Oscar Farinetti, sta al business dei supermercati delle delikatessen italiche, o Angelo Gaja sta a quello dei vini, o i Lavazza a quello del caffé, o i Ferrero a quello delle merendine, o Carlin Petrini a quello del potente movimento enogastronomico con imponente casa editrice allegata Slow Food.

Insomma Teo, che abbiamo conosciuto personalmente una decina di anni fa in quel di Piozzo il paese nel Cuneese quartier generale del suo birrificio Baladin, è stato ed è un maestro nel fare ottima birra e soprattutto nel venderla. Uno splendido selfmademan all’italiana che ha fiutato e seguito la pista giusta facendo, last but not least, ottimi affari inseguendo e realizzando un proprio sogno.

Teo Musso (Baladin)

Teo Musso (Baladin)

E lui c’è riuscito tanto bene che Marco Drago ne ha tirato fuori una biografia autorizzatissima per i tipi di Feltrinelli (collana Serie Bianca) dal titolo “Baladin, la birra artigiana è tutta colpa di Teo” (156 pp. 14 euro), con prefazione, ça va sans dire, di Carlin Petrini, e appendice di Maurizio Maestrelli che sul sito dell’Associazione Italiana Sommelier è indicato «sommelier AIS, collaboratore di DeVinis ed esperto di birra e non solo».

Marco Drago

Marco Drago

Da dire subito che Drago, che ha all’attivo quattro romanzi sempre con Feltrinelli ed era alla prima prova di scrittura biografica, ha fatto un ottimo lavoro. Il libro scorre via che è un piacere. Dentro c’è quasi tutta la vita di Teo Musso, dalle elementari all’ultima avventura del Riad costruito in Marocco. Un’esistenza avventurosa quanto basta, romantica il giusto, intrisa di scelte difficili e formidabili colpi di fortuna. Sullo sfondo c’è la birra in tutte le sue declinazioni di cui, a ragione, Musso è considerato il messia italiano. Che ora, però, fa anche molto altro oltre la birra: dalle bibite al sidro, dal tè alla ristorazione, dal franchising all’agricoltura. Insomma il libro di Drago su Teo Musso è la storia di un uomo di successo che in Italia, come in tutto il mondo, è ammirato ma allo stesso tempo invidiato. Anzi, in tempi di crisi come questi, leggere dei successi di qualcuno potrebbe fare incazzare un po’.

Comunque sia, invidia e incazzature a parte, leggere di italiani bravi e vincenti (calcio escluso) fa bene. Ci ricorda quello che siamo noi italiani. Non migliori né peggiori di altri, ma diversi. E fortunati. Perché viviamo, mangiamo, beviamo, lavoriamo, amiamo e ci divertiamo in uno dei posti che sembra Dio abbia disegnano per farti godere appieno la vita.

Poi, però, noi italiani non ce ne ricordiamo. E così facciamo cadere a pezzi la Reggia di Caserta e Pompei, sfregiamo il nostro paesaggio, sprechiamo i nostri soldi, eleggiamo a governanti, quando va bene, inetti, quando va male, farabutti, lestofanti e ladri. Sputiamo nel piatto dove mangiamo, parliamo male del nostro Paese, lo frodiamo, frodando anche il nostro futuro e quello dei nostri figli e nipoti. Uno sfacelo.

Ecco, quindi, che libri come quello di Drago, che son facili da leggere ma difficili da digerire, servono eccome. Perché, al netto dell’inevitabile rischio agiografico, ci ricordano quello che siamo: italiani, nel bene e nel male. Anche con un boccale di birra in mano.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

 

 

 

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