Lutto. È morto Michele Ferrero, non solo “papà” della Nutella, ma imprenditore e uomo vicino alla gente e al suo territorio

inserito il 15 Febbraio 2015

Se ne è andato il “papà” della Nutella. Michele Ferrero è morto a 89 anni. Era a capo di un gruppo alimentare italiano che porta il suo cognome. Un “impero” multinazionale che ha cuore in Italia, nel Piemonte, ad Alba, ancora saldamente in mano alla famiglia che lo ha fondato subito dopo la Seconda Guerra mondiale, nel 1946.

Si sono già scritti e si scriveranno fiumi di parole su Michele Ferrero, non mancherà la retorica, la celebrazione di un uomo che era al timone del secondo gruppo alimentare del mondo dopo la Nestlè.

Ferrero Nutella Hazelnut spread

Ma quello che qui vogliamo ricordare è quello che è stato davvero Michele Ferrero nel ricordo e nelle voci di chi ha lavorato per lui e che SdP ha colto in questi anni. Emerge l’immagine di un uomo e di una famiglia saldamente legata al territorio, attenta alla gente, ai lavoratori, all’economia di una zona che non è solo Barolo o tartufo, robe da ricchi chic. Un uomo e una famiglia che hanno capito quale sia davvero la risorsa principale di un’impresa: le persone che vi lavorano. «Era uno alla mano» dice semplicemente chi lo ha riconosciuto. Il saluto, forse, più bello e vero.

Anni fa un tipografo ci mostrò la rivista aziendale che la Ferrero stampava per i propri dipendenti: c’erano foto di gite, di prime comunioni, di lauree, di feste. Foto di dipendenti tra i quali c’erano anche loro, Michele Ferrero e la sua famiglia. Un segnale preciso: noi siamo gli imprenditori, ma voi siete la nostra forza. Lavoriamo insieme condividendo un pezzo di vita. Un messaggio che seppe dare, anni prima, solo un altro grande imprenditore piemontese: Adriano Olivetti. Del resto attorno alla Ferrero, ad Alba e dintorni, sono nate e cresciute imprese del cosiddetto indotto, con professionalità e know how spendibili in tutto il mondo ma che hanno qui caratteristiche uniche e irripetibili legate proprio ad un tessuto sociale-industriale che Ferrero ha saputo favorire. E poi ci sono le tante iniziative culturali, la Fondazione, le donazioni, sempre discrete, alle strutture sanitarie e assistenziali. I progetti per la scuola e per i giovani.

Non sembri anche questa retorica: con Michele Ferrero, che come pochi altri era davvero un “sapore del Piemonte”, che ama moltissimo il suo territorio, la sua Alba, ma anche il Piemonte e l’Italia restando fortemente radicato qui, al contrario di molte altre realtà industriali che preferiscono l’estero per convenienze fiscali e operative.

Con lui se ne va forse l’ultimo rappresentante di una razza di impreditori-operai non per modo di dire ma nei fatti. Gente concreta, attenta alla finanza reale, quella del lavoro che si crea, piuttosto che all’economia fatta di carta e di speculazioni, di “spezzatini” e di alambicchi finanziari.

Oggi, all’indomani della scomparsa di Michele Ferrero, si parla di Langhe e di Alba, ma la sua azienda, la Ferrero, ha dato e dà lavoro a molti piemontesi e a molti italiani, in Piemonte, in Italia e nel mondo.

L’augurio è rimanga tutto così. E che anzi si cresca ancora con quel spirito, questo sì molto “langhetto” e piemontese, dell'”esageruma nen” (non esageriamo). Lui, Michele, lo avrebbe voluto.

SdP

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