GRAPPA CON ALAMBICCO A BAGNOMARIA PIEMONTESE

i prodotti tipici del Piemonte

 

La grappa è l’unico distillato al mondo che si ottiene da una materia prima solida e palabile. Le implicazioni che derivano da questo aspetto sono importantissime: essendo la vinaccia ciò che rimane dal processo di vinificazione (ci si riferisce alle vinificazioni in rosso, vale a dire quelle in cui la vinaccia rimane a contatto con il vino); essa raduna e concentra tute le sostanze aromatiche presenti nel vino.
In Piemonte, un tempo, la grappa si chiamava “branda” e, ancora, oggi, in dialetto si fa fatica a pronunciare il neologismo giunto dalle regioni orientali italiane.
Sotto il profilo grappistico, la regione Piemonte è tra le più fortunate. Può, infatti, contare su un notevole patrimonio di vinacce rosse che giungono in distilleria fermentate e, quindi, sono immediatamente distillabili. Tra queste spiccano per nobiltà quelle del Nebbiolo e, per qualità, le fragranti bucce dell’uva Dolcetto e Barbera. Quest’ultimo vitigno è fonte di una vinaccia splendida e ancor tutta da scoprire e da valorizzare. Ma, vero emblema della grappa piemontese, rimane l’aromatico Moscato dal quale si trae il più famoso spumante italiano nel mondo – l’Asti – e una acquavite di grande personalità e di pari suadenza.
Oggigiorno, la maggior parte delle grappe è ottenuta con il disalcolatore continuo, importato dall’America e destinato alle produzioni di massa.Vi sono apparecchiature di questo tipo in grado di disalcolare anche 5.000 quintali di vinaccia nel corso delle 24 ore. Il risultato insoddisfacente è facilmente intuibile anche da persone non addette ai lavori.
L’innovazione dell’apparecchio continuo è stata accettata anche da distillerie di medie e di piccole dimensioni, ma molte aziende non hanno voluto abbandonare gli alambicchi discontinui e, in certi casi, lo hanno affiancato a questi. In Piemonte, c’è anche chi ha rifiutato di concentrare i vapori idroalcolici con la colonna cercando, invece, di raggiungere l’obbiettivo con sistemi alternativi che consentono maggiori possibilità di selezionare gli aromi a seconda della materia prima che distilla. In quest’ambito, si vuole segnalare non tanto la grappa, prodotto tradizionale italiano, quanto la tecnologia tradizionale piemontese con alambicco a bagnomaria.
L’impianto di distillazione dell’azienda che ha fatto la segnalazione è costituito da due alambicchi in rame, immersi in due caldaie di acciaio. Nell’intercapedine che si trova tra l’alambicco in rame e la caldaia circola dell’acqua che viene riscaldata immettendo vapore, prodotto a parte da un apposito generatore.
L’acqua contenuta nell’intercapedine viene portata ad ebollizione: fatto assai importante è che il vapore così ottenuto è alla pressione di 0,2 atmosfere e, a tale pressione, viene immesso nell’alambicco di rame contenente la vinaccia. Alla suddetta pressione il vapore acqueo ha una temperatura di 102° C circa: la distillazione delle vinacce, effettuata a questa temperatura, consente di non “cuocere” le vinacce; inoltre, si evitano in gran parte trascinamenti in colonna di oli essenziali e di impurezze.
Terminata la carica dell’alambicco, con circa 280 chilogrammi di vinaccia che viene disposta su quattro cestelli in rame per facilitarne, poi, l’estrazione, viene immesso nell’alambicco il vapore derivante dalla ebollizione dell’acqua contenuta nell’intercapedine: questo sistema è tanto oneroso quanto vantaggioso, dal momento che la vinaccia viene investita da un flusso di vapore indiretto, a bassa pressione (0,2 atmosfere) e bassa temperatura (102 °C).
Naturalmente, l’impianto descritto è discontinuo ed ogni alambicco ha la sua colonna di distillazione; ciò significa che ogni “cotta” di 280 chilogrammi dura un’ora esatta e che, dopo ogni alambiccata, la vinaccia esausta viene estratta dall’alambicco che viene nuovamente riempito con vinaccia fresca. Ha inizio, così, la distillazione. Il vapore acqueo immesso nell’alambicco in rame attraversa molto lentamente la vinaccia in questo contenuta, arricchendosi dell’alcool e degli aromi che, naturalmente, sono presenti.
Il vapore idroalcolico è raccolto da una tubazione alla sommità dell’alambicco ed è convogliato direttamente nella colonna di arricchimento e distillazione; è qui che il vapore idroalcolico cede, salendo verso la sommità della colonna, attraversando i piatti e borbottando nel liquido ivi presente, le impurezze ancora presenti.
Come detto poc’anzi, abbinate ai due alambicchi, vi sono due colonne deflemmatrici in rame a funzionamento discontinuo. Ciò significa che, al termine di ogni “alambiccata”, la colonna viene completamente scaricata delle impurezze che ha trattenuto durante la precedente ora di distillazione.
Sotto il profilo organolettico, la grappa dei bagnomaria si distingue generalmente per l’aroma tondo, equilibrato e privo di asperità, non di rado caratterizzato da una nota di confettura che solo in alcuni casi può sfociare in anomali sentori di cotto.
Considerato che la quantità di grappa prodotta con il metodo a bagnomaria rappresenta solamente il 3–5 %, anche se è destinata a crescere, questa tipologia è degna di grande attenzione.

Zona di produzione
In Piemonte, esistono ancora 2 impianti che utilizzano questa antica tecnologia tipica della Regione, uno sito a Mombercelli (Asti) e l’altro a Silvano d’Orba (Alessandria).

Attrezzature utilizzate
Visitando le cento e più distillerie italiane si potranno trovare cento modi differenti di stoccare le vinacce, di come le stesse vengono distillate, di come e quanto viene invecchiata la grappa. Volendo comunque procedere ad una generalizzazione, in tutte le distillerie vi è uno spazio destinato al ricevimento ed allo stoccaggio della vinaccia. A seconda delle dimensioni della distilleria e della quantità di vinaccia, le modalità possono essere molto diverse. Si va così dai sacchi in plastica della capacità di circa 40 kg, ai silos in cemento che possono contenere decine di migliaia di quintali. Nel locale in cui sono svolte le operazioni di distillazione vere e proprie si trovano gli alambicchi ed i misuratori fiscali dell’ UTF, colonne di distillazione e serbatoi su peso per l’accertamento fiscale del prodotto.
Molte distillerie utilizzano come fonte energetica la vinaccia disalcolata. Questa, opportunamente essiccata e privata del vinacciolo, è il combustibile che serve per produrre il vapore necessario alla distillazione.

La storia
Il Piemonte dedica, da sempre, una grande attenzione alla distillazione della vinaccia: ne sono testimonianza la creazione della Università degli Acquavitai e la presenza di alambicchi, in tutte le epoche, nei castelli e nelle tenute agricole nobiliari; emblematico il caso del Conte di Cavour che da Grinzane si faceva spedire i campioni della grappa prodotta per accertarne personalmente la qualità.
All’epoca si chiamava “branda” e, ancora, oggi in dialetto, si fa fatica a pronunciare il neologismo giunto dall’Italia orientale.
Gli alambicchi a bagnomaria sono coevi di quelli a fuoco diretto e simbolo dell’antica distillazione gentilizia; differiscono da quelli a fuoco diretto in quanto hanno una doppia caldaia dotata di un’intercapedine nella quale l’acqua, messa in ebollizione da un fuoco di legna o da una fiamma alimentata a gas o, in alternativa, del vapore prodotto da una centrale indipendente che fornisce un manto di calore che fa dolcemente evaporare gli umori della vinaccia. Questi confluiscono, poi, normalmente, in una colonna a piatti di piccole e medie dimensioni e, concentrati, vengono, quindi, liquefatti e trasformati in acquavite. Sono naturalmente alambicchi discontinui la cui cotta dura tra le due e le sei ore e, difficilmente, esistono caldaie che superano i dodici ettolitri di capacità. Da un’indagine effettuata, si è potuto evidenziare che almeno 40 alambicchi a bagnomaria hanno operato ancora in una delle ultime vendemmie, di questi 38 sono bagnomaria di stile trentino mentre due sono bagnomaria di stile piemontese.
La differenza tra le due sottocategorie è data dalla diversa geometria della caldaia e nel modo in cui la vinaccia viene posta in essa: in quelli di stile trentino viene messa alla rinfusa insieme ad una certa quantità di acqua (sempre che non risulti grondante di vino ), mentre negli altri è disposta su cestelli forati, di rame, in caldaie troncoconiche di capacità generalmente non superiore ai 300 chili di materia prima.

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