Sfogo. «Bisogna ferire le colline per far parlare di sé?». L’ultimo caso di eno-architettura fa discutere. Intanto i francesi…

inserito il 9 Aprile 2015

«Basta ferire le colline dell’Unesco. È ora di finirla di costruire strutture pseudo-innovative che sembrano arte moderna, ma che con il paesaggio non c’entrano. E voi giornalisti smettetela di trattare chi lo fa come un innovatore e chi critica come un retrogrado, perché queste cose rottamano il paesaggio». Lo sfogo di un produttore che chiede e ottiene l’anonimato – «perché sennò mi fan girare le balle a mille e mando qualcuno a quel paese» si scusa – ed entra a gamba tesa su un tema spinoso diventato proprio in questi mesi di attualità: la costruzione di strutture architettoniche che non escono dai canoni dell’eno-edilizia, ma, per alcuni, anche da quelli del buon gusto e della tutela di un paesaggio, quello delle vigne piemontesi, che l’Unesco ha deliberato essere patrimonio dell’Umanità.

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Ma veniamo all’oggetto della polemica. Si tratta della Cantina “L’astemia pentita” di cui qui pubblichiamo le foto tratte dal sito dell’impresa costruttrice. Diciamo subito che foto e rendering non rendono giustizia. L’immobile, che si trova sulla strada che sale verso Barolo, visto dal vivo ha un impatto sul territorio molto più forte di quanto si possa immaginare. Lo stridore con il resto del paesaggio, fatto di vigneti e cantine storiche, è evidente. Eppure quella costruzione ha avuto tutti i permessi necessari. Nessuno ha osato contraddire progettista e la proprietà. Così l’impresa costruttrice presenta l’edificio sul suo sito: “Realizzazione di una nuova cantina, con annessi spazi produttivi e amministrativi, nel comune di Barolo. Il progetto prevede la realizzazione degli spazi produttivi della cantina nella parte interrata del lotto, mentre nella parte fuori terra si prevede l’ edificazione di 2 edifici, di forma rettangolare sovrapposti in modo sfalsato, che ospiteranno gli uffici amministrativi e direzionali. Grazie al rivestimento in legno o similare, questi due corpi assumeranno l’ aspetto di due scatole da vino, particolare che renderà unica nel suo genere la costruzione”.

Ma le “scatole” dell’Astemia non sono le uniche costruzioni che si discostano in modo eclatante dal paesaggio che le circonda. Prendiamo quelle edificate dai Ceretto, dinastia vinicola tra le più note dell’area albese. Per le loro Cantine hanno fatto costruire particolari iper-moderni che hanno parlare, nel bene e nel male.

C’è “L’acino”, il “Cubo” e la Chiesetta arlecchino. Eccoli.

E pensare che c’è chi, come Gianni Martini a Cossano Belbo, ha fatto di tutto per dare un’impronta vinicola almeno all’interno di anonimi capannoni dove si fanno milioni di bottiglie. Un modo per addomesticare l’architettura industriale con la tradizione del vino. Il risultato è certo d’effetto anche se nascosto dentro ad una struttura anonima.

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La barricaia Martini

Poi ci sono quelli attaccati alla tradizione, poco inclini agli effetti speciali. Come Castello del Poggio del Gruppo Zonin che in quel di Portacomaro, alle porte di Asti, al centro del vigneto più grande del Piemonte (160 ettari), ha recuperato, senza sbavature, un casale e tutte l’area attorno mitigando, quanto possibile, l’impatto di sedi di produzione e stoccaggio dei vini.

Castello del Poggio

Castello del Poggio

Ora davvero non sappiamo dire se sia meglio l’approccio “eretico” che mette da parte il paesaggio e dà un pugno alla storia architettonica delle Cantine vinicole, o chi conserva e recupera antiche strutture, magari apportando migliorie moderne che corrono sotto la “pelle”.

Michele Chiarlo, con il suo parco artistico, sembra avere trovato un buon equilibrio tra paesaggio e arte innovativa, senza cancellare strutture storiche rurali come le cascine di Castelnuovo Calcea nell’Astigiano, che fanno da quinta naturale e si integrano perfettamente con percorsi artistici contemporanei, senza svilire o ferire vigneti e colline. Guardate qui.

Resta la dichiarazione di un produttore che è una griffe del mondo del vino, il quale racconta a SdP: «Quando ho ristrutturato la mia cantina un grande barolista venne a farmi visita e mi disse: “Sono qui perché volevo vedere come ristrutturi la cantina. Se rispetti il paesaggio”. Chissà se lo hanno fatto anche per queste cantine “pop”?».

Polemiche a parte un fatto è certo, le grandi maisons di Champagne architettonicamente restano legate ai palazzi storici, comunque inseriti nel contesto vinicolo di pregio. Qualcosa vorrà pur dire.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

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