Al Forum su Metodo Classico di Canelli la proposta di Pia Bosca (Bosca): «La denominazione “Cattedrali Sotterranee” per proteggere la tradizione del primo spumante d’Italia»

inserito il 24 Giugno 2017

19399438_10213402131676205_6767122418887369638_n

Sabato 24 giugno il secondo Forum sugli spumanti Metodo Classico a Canelli, Cantine Contratto, Sala dei Sacchi che non salva dal caldo africano di questi giorni. Platea di poltici, giornalisti, operatori e produttori. Si boccheggia, ma si resiste. A fare la fotografia del comparto molto dinamico e con segmenti ben definiti sono stati i dati numerici raccolti dall’enologo Giuseppe Martelli, presidente del Comitato vitivinicolo nazionale. In sintesi: nel mondo si producono 3,5 miliardi di bottiglie di bollicine di cui 2 in Europa e poco meno di un miliardo in Italia, la parte del leone la fa il Prosecco, ma di questo quasi miliardo di pezzi appena 34 milioni di bottiglie sono di Metodo Classico, cioè prodotte con la fermentazione in bottiglia mutuata dallo Champagne (una volta si chiamava metodo champenois). Il resto è prodotto con il metodo Charmat-Martinotti (fermentazione controllata in autoclavi), più veloce, economico e commercialmente favorevole.

Tra gli interventi quelli di Maurizio Danese, presidente Veronafiere, che ha auspicato un’area comune del Metodo Classico alla rassegna scaligera; di Pia Berlucchi (Consorzio Franciacorta) che ha sottolineato l’esigenza di fidelizzare il consumatore evoluto; Giolui Bava (Consorzio Alta Langa) che ha collegato la qualità di un prodotto al prezzo delle uve ma senza speculazioni; di Alessandro Picchi (Gancia) che ha rimarcato come l’Alta Langa abbia bisogno di mercati internazionali.
Infine l’intervento di Pia Bosca che insieme ai fratelli Polina e Gigi rappresenta la sesta generazione alla guida dell’azienda Bosca di Canelli, maison nata nel 1831 che è tra le quattro Cantine canellesi (le altre tre sono Gancia, Contratto e Coppo) da dove quindici anni fa partì la candidatura che nel 2014 consentì ai paesaggi vintivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato di essere riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità e 50° sito Unesco. La sua proposta che partita da un preambolo «La nostra è da sempre un’azienda rivolta al futuro – ha detto – Cerchiamo costantemente nuove linee, nuovi mercati, nuovi prodotti, nuovi clienti, come l’idea di aprire le bollicine al mondo musulmano. Traiamo, però, la forza e la capacità di fare cose un po’ diverse dalla tradizione, dalle nostre Cattedrali Sotterranee e lo spumante che si produce lì dentro, cioè il Metodo Classico». Quindi l’idea: «Lo spumante è nato a Canelli. L’Alta Langa è una novità, un’innovazione, un sogno cominciato alcuni decenni fa, quando si è cercato di unire il territorio a tutta la catena produttiva. Qui, però, si faceva spumante già nell’800 e, dato che non si coltivavano le uve adatte alla sua produzione, si andava a cercarle altrove. Noi spumantieri, infatti, siamo essenzialmente degli elaboratori: prendiamo vino e lo facciamo diventare spumante. Credo che la tradizione di questo metodo fatto in cantina andrebbe salvaguardato. È un pensiero un po’ in controtendenza rispetto all’idea di aggregazione, di fare numeri grandi. Però, se noi proteggessimo la produzione e il suo metodo originale fatto in cantina con una denominazione di origine, “Cattedrali Sotterranee”, proteggeremmo anche la tradizione da cui tutto questo ha avuto inizio. Sarebbe una Doc piccolissima ovviamente, e per arrivarci bisognerebbe superare una serie di scogli normativi, primo fra tutti il legame che le uve devono avere con il territorio. Ma nello spumante è l’affinamento ad essere determinante e il metodo classico che si affina nelle Cattedrali Sotterranee, Patrimonio dell’Umanità Unesco, gode di un microclima del tutto particolare, unico e assoluto in tutto il mondo».

Non il solito invocare volumi come la terra promessa, ma un approccio laico e concreto, consapevole e logico, con quel tanto di orgoglio che serve a dare sprint, a difesa di un mondo che non deve perdersi nei tanti rivoli delle bollicine. A Canelli qualche grande maison storica hanno cambiato di mano. Urge un progetto unitario e di tutela, al di là dell’Unesco. I tempi ci sono. Le teste, forse.

SdP  

 

 

Lascia un Commento


I commenti inviati non verranno pubblicati automaticamente sul sito, saranno moderati dalla redazione.
L’utente concorda inoltre di non inviare messaggi abusivi, diffamatori, minatori o qualunque altro materiale che possa violare le leggi in vigore.
L’utente concorda che la redazione ha il diritto di rimuovere, modificare o chiudere ogni argomento ogni volta che lo ritengano necessario.