
A pochi giorni dalla sua elezione alla guida di Federvini, la Federazione Italiana Industriali Produttori, Esportatori ed Importatori di Vini, Acquaviti, Liquori, Sciroppi, Aceti ed affini, Giacomo Ponti, alla guida della storica azienda familiare fondata nel 1787 a Ghemme (Novara) impresa simbolo della produzione italiana di aceti e conserve, ha a che fare con temi spinosi come i dazi definitivi imposti dalla Cina su grappe e brandy italiani e quelli, ancora da definire, degli USA sui vini e altre merci italiane e prodotti in UE.
CINA
Secondo quanto riportato da Ferdervini oggi (4 luglio) il Ministero del Commercio cinese (MOFCOM) ha imposto dazi antidumping definitivi del 32,2% sulle acquaviti di vino e di vinaccia, incluse Grappa e Brandy, a partire da domani, sabato 5 luglio.
Secondo Federvini la misura arriverebbe al termine di un’indagine a seguito della quale il comparto europeo, per oltre un anno, avrebbe fornito «documentazione ampia e puntuale per dimostrare l’assenza di pratiche di dumping sul mercato cinese. Ciononostante, il dazio medio definitivo – che si discosta in misura minima daquello provvisorio imposto unilateralmente lo scorso ottobre – costituisce un grave ostacolo al libero commercio internazionale».
Commenta Ponti: «La decisione del Governo cinese è l’ennesimo caso di barriera tariffaria che riteniamo del tutto ingiustificata e rappresenta un ulteriore elemento di preoccupazione in uno scenario globale sempre più sotto attacco sotto il profilo della libera circolazione delle merci e dell’interscambio commerciale. Nonostante l’attiva collaborazione prestata, le aziende italiane ed europee che hanno partecipato ai numerosi ed onerosi adempimenti legati all’indagine richiesti dall’Autorità cinesi, da domani dovranno affrontare un dazio estremamente pesante e penalizzante».
Federvini auspica che si possa tornare rapidamente a un clima di cooperazione e che vengano adottate soluzioni condivise e si riprebnda il dialogo istituzionale con le autorità cinesi.
«Non possiamo permetterci di continuare a subire controversie commerciali che danneggiano le imprese» ha aggiunto Ponti che nei giorni scorsi si era espresso anche sulla questione dei dazi che gli USA avrebbero intenzione di applicare su tutte le merci prodotte in UE, vini compresi.
USA
Le dichiarazioni d Ponti, rilasciate al quotidiano La Stampa, erano state riportate integralmente dal sito istituzionale di Federvini e sostanzialmente rappresentano la speranza che la questione extratasse, per cui trattative UE-USA sono ancora in corso, si risolva con una “pax” a zero impatto.
Dichiara Ponti: «Tifo per dazi zero, ma nel caso andasse male dovremo quantificare i danni e valutare cosa si può fare. Di certo, però, non c’è ristoro che possa sostituirsi ad anni di investimenti fatti dalle imprese».
In previsione di eventuali dazi al 10% il neo presidente non vede rosa e avverte: «Le extratariffe, oltre a portare nocumento a chi li subisce, danneggiano anche l’economia che dovrebbe trarne del beneficio. Soprattutto nel caso dei nostri prodotti, e in generale del Made in Italy, che una volta esportati negli USA subiscono ricarichi anche del 50% a favore di importatori, distributori, catene di broker e distribuzione al dettaglio, come supermercati, enoteche e catene di ristorazione. Quindi un aumento artificioso dei prezzi non solo genera inflazione, ma porta danni anche a loro».
Per Ponti, però, il danno maggiore ricadrebbe sul consumatore finale «Che dovrebbe poter scegliere liberamente cosa comprare senza dover subire imposizioni tariffarie che finiscono per modificare artificiosamente il mercato» sostiene il numero uno di Federvini che sull’ipotesi di cercare mercati alternativi agli USA avverte: «Trovare un Paese con più 300 milioni di abitanti, con una capacità di spesa così grande e che ama così tanto i nostri prodotti è difficile» e annota che «Cina, India e Giappone, o anche il Medio Oriente, sono mercati potenziali, su cui sicuramente le aziende italiane stanno lavorando. Ma è un percorso molto lungo e pensare nell’immediato a una sostituzione è pura fantasia».
Ponti chiede al Governo di lavorare sul piano della diplomazia per puntare al dazi zero e nel caso non dovesse funzionare ammette: «Dovremo stimare l’eventuale danno, cosa che però oggi è difficilissimo. Ed è chiaro che qualsiasi tipo di ristoro non può comunque sostituirsi ad anni di investimenti fatti dalle imprese per crescere in quel mercato ed alla cultura che hanno diffuso, tenendo poi presente che quando perdi quote di mercato riguadagnarle poi è molto faticoso».
Ma il timore più grande resta l’aumento dei prezzi al consumo. Secondo Ponti potrebbe agevolare i prodotti farlocchi di “Italian Sounding”, quelli, cioè, che imitano quelli italiani: «Perché – spiega – il differenziale di prezzo tra prodotto originale ed il prodotto imitato aumenta e quindi c’è il rischio concreto che la domanda di nostri prodotti diminuisca».