Alcune ore prima tagliate 6 hg di buona fontina valdostana a lamelle fini e mettetela ad ammollare in 1/2 litro di latte intero insieme ad un pizzicone di farina bianca. (A proposito della fontina, l’ideale è quella valdostana col marchio del consorzio che riproduce il profilo del Cervino: questo è un formaggio artigiano, ma se non lo si trova, si può ripiegare sulle fontine industriali: di queste le migliori, o le meno peggio, sono la Fonte Egidia ed il Fontal).
Al momento di fare la fonduta tritate su le vostre lamelle di formaggio dal bagno di latte e lasciate pure che vi rimanga attaccato un po’ di latte (cioè non sgocciolate): mettete il tutto in un tegame preferibilmente di coccio, aggiungete 60 gr. di burro, 6 tuorli d’uovo, 2 cucchiai di parmigiano grattugiato e se volete un bel pizzico di farina. Cuocete a bagno-maria oppure sulla fiamma con la retina sopra, comunque a calore dolce per una 1/2 ora, sempre continuamente rimestando nello stesso senso col cucchiaio di legno, finché la fonduta «riesca» ossia diventi pasta gialla densa liquida ed omogenea senza grumi e senza fili (certe volte ci vogliono anche 50 minuti e più di rimestare a fuoco non forte!).
A questo punto sformate il vostro flan di spinaci ed erbette, ben caldo, versatevi sopra la fonduta e passate altra fonduta calda in un bricco o salsiera a parte. Sopra a tutto, ben si adatta una generosa grattugiata di tartufi, possibilmente bianchi o grigi, ma in mancanza di meglio anche neri.
NOTA: Questo piatto finissimo della borghesia piemontese si serve in Piemonte come antipasto caldo o come «entrée» dopo il primo e prima delle carni.
Si può variare in infiniti modi, e dà modo di gustare la bontà delle verdure invernali, che non devono essere mai cotte troppo, ma lasciate croccanti.
Con lo stesso procedimento sopradescritto si possono fare fra gli altri i seguenti 3 flan che vi raccomando per la loro straordinaria eleganza e bontà:
flan di porri e carote
flan di cardi e carciofi
flan di fagiolini 3/4 e patate 1/4