La proposta. I vini piemontesi in omaggio alle ambasciate italiane nel mondo. Follia inutile o mezzo per potenziare la loro immagine all’estero?

inserito il 16 Marzo 2023

Un quarto di secolo fa un presidente del Consiglio italiano fece una promessa. Non fu mantenuta. “Dov’è la notizia?” direbbe con ironia un vecchio cronista. Vero, forse non c’è notizia e le cose non sono cambiate poi molto sotto il profilo dei politici che non riescono a mantenere le promesse. Tuttavia da allora il mondo non è più lo stesso e, magari, potremmo imparare qualcosa. Cominciamo da quella promessa di 25 anni fa e vediamo cosa c’entra con questo blog e con il mondo del vino piemontese.

È l’ultimo fine settimana di maggio del 1998. Romano Prodi, allora presidente del Consiglio in  carica, è invitato a Canelli all’assemblea di Assomoscato, l’associazione che raggruppa i produttori di uve moscato bianco che servono per fare Asti Spumante e Moscato d’Asti.
La sala del teatro Balbo è gremita. Prodi sale sul palco e, stimolato da Evasio Polidoro Marabese e Ottorino Liuzzi, rispettivamente presidente di Assomoscato e presidente del Consorzio dell’Asti, conferma: «L’Asti spumante servirà ai brindisi in tutte le ambasciate italiane nel mondo. Magari lo porto anche al G8 chissà che aiuti». Applausi. Si chiude con un brindisi a base di Asti Spumante e tanti sorrisi e strette di mano. Si respira ottimismo. I giornali riportano la promessa del Primo ministro e c’è chi titola: “Prodi adotta l’Asti spumante”. Pubblichiamo qui, dall’archivio storico del quotidiano La Stampa, l’articolo sulla visita di Romano Prodi a Canelli.

Naturalmente di quella promessa non se ne fece nulla. Perché? Difficile dirlo. Al netto della tendenza dei politici nostrani (e non solo loro) a fare promesse difficili da mantenere, resta la buona idea che gli uffici diplomatici d’Italia all’estero possano, oltre a mille altre incombenze, fare da ponte, come già fanno, al “made in Italy” anche per il vino piemontese. Urge, però, l’attivazione di quella filiera vinicola del Piemonte che, nonostante tutto, ancora oggi sembra pensare, operare, agire e progettare per compartimenti stagni. Un caso classico di autolesionismo.

Paradossalmente questo potrebbe essere il momento giusto per rispolverare quella promessa prodiana con un progetto di ampio respiro che, in un mondo perfetto, potrebbe e dovrebbe coinvolgere tutto (sarebbe meglio) o gran parte (sarebbe auspicabile) del mondo del vino piemontese.

Quale potrebbe essere il progetto? Fornire come omaggio una selezione di vini piemontesi alle ambasciate, ai consolati, agli istituti di Cultura e agli uffici diplomatici italiani nel mondo. Follia? Ingenuità? Progetto inutile e costoso? Forse tutte e tre le cose e tuttavia non varrebbe la pena di ragionarci sopra? Fare un giro di telefonate tra presidenti di Consorzi, assessori regionali, associazioni di categoria, enti di promozione turistica (perché l’enoturismo esiste) per mettere giù un paio di idee e di costi?

A giorni apre il ProWein di Düsseldorf, tra un paio di settimane ci sarà il Vinitaly di Verona, molte aziende e molti consorzi ci saranno e sono impegnatissimi, però un paio di minuti per parlare di un progetto tutto sommato fattibile, se si vuole, e che potrebbe portare acqua al mulino della promozione del vino piemontese, potrebbero trovarsi. 

Filippo Larganà
filippo.largana@libero.it

La pagina de La Stampa con la cronaca della visita a Canelli di Romano Prodi

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