È accaduto a noi di Sdp. Con una cortese mail una casa di produzione del Centro Italia ci ha proposto di inserire prodotti non dop in una famosa trasmissione tv della Rai che, in una fascia di grande ascolto, si occupa di agroalimentare. Il costo dell’operazione, indicato nella proposta che ci è pervenuta, è di di 5.300 euro. A cui bisogna aggiungere il costo di trasferta e soggiorno per le cinque persone della società di produzione incaricate di confezionare il collegamento. Sia ben chiaro che non è stata la Rai a contattarci, ma un privato che sostiene di lavorare per la tv di Stato. Nella proposta non si parla mai di messa in onda, ma di produzione di una trasmissione nell’ambito di una rubrica inserita nel programma televisivo – di cui viene indicato titolo e noto conduttore – di grande ascolto. E per dare all’operazione una vernice di ricerca cultura gastronomica si arriva persino a parlare di ricerca delle tradizioni e dei sapori perduti. Mah. La cosa, lecita fino a prova contraria, ci è parsa quanto meno bizzarra. Non siamo nati ieri, sappiamo bene che il business delle sponsorizzazioni occulte pervade etere e carta stampata. La “marchetta” è sempre in agguato. Epperò che almeno la si dichiari, questa marchetta. Inoltre in un momento in cui l’Italia, a livello europeo e mondiale fatica a difendere i suoi prodotti dop, doc o Igt, (come dimenticare le tante polemiche sulla nuova legge sul vino e le resistenze europee a tutelare prodotti tipici) ecco che sulla Rai, sia pure per interposta persona, è curioso che si apra ai prodotti di padre e madre ignoto, promossi da chi, per scelta di mercato o comodità, non si è mai premurato di percorrere il difficile iter della denominazione d’origine che garantisce qualità e genuinità. Una fortissima discriminazione, dunque, che in altri Paesi passerebbe inosservata, ma che in Italia, patria delle biodiversità agroalimehtari e della cucina più amata e apprezzata del mondo, dovrebbe essere presa in considerazione. In più c’è il rischio – purtroppo sempre più presente nel settore delle comunicazioni di massa – che gli spettatori non si avvedano che quello che stanno vedendo non è informaizone, ma una pubblicità bella e buona, insomma un publiredazionale a pagamento, e per questo da considerare come uan comunicazione di parte e non certo al di là di ogni conflitto d’interessi. Forse consorzi, enti locali, distretti del gusto e non, almeno sull’inserimento di prodotti a denominazione d’origine non controllata e incerta sui teleschermi della Rai, dovrebbero fare sentire la loro voce, invece di occuparsi sempre e solo del proprio orticello con relative poltrone e piccoli e grandi potentati.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
Caro Di Lena, sono d’accordo con te sullo sputtanamento agroalimentare. E a proposito di marchette almeno nel film “Tutte le donne delle mia vita” con Luca Zingaretti (Montalbano sono!) nei panni di uno chef stellato e malato di “femmine” (un po’ come SB), dato in tv recentemente, tutto il “product pacement”, cioè i prodotti infilati a iosa nelle scene del film, erano di qualità estrema, dai vini alla pasta, dalle birre al cioccolato. Quanto alla cementificazione occhio ai tempi: dagli Anni del boom economico in qua tutti i Governi (ma proprio tutti) hanno abbozzato davanti al “dio mattone” (oltre che davanti alla Fiat). Mah…
non è solo una “marchetta” ma il modo occulto per sputtanare le nostre preziosità agroalimentari, quelle che vengono, a giusta ragione,chiamate le eccellenze dei nostri territoi più vocati.
Territori a rischio se non vengono difesi da questi signori che, in apparenza, sembrano ignorani ma che poi tanto ignoranti non sono, visto che sanno bene quello che fanno; dal rilancio della cemtificazione selvaggia sostenuta dal governo e dalla indifferenza.