Radici. Canelli, patria del primo spumante italiano, dedica strade a eroi e eno-scienziati. E il vino diventa storia

inserito il 22 Aprile 2013

Questa è facile, ma vera. C’è un filo rosso che lega la storia d’Italia con il vino. Non solo perché fu il conte Camillo Benso, fautore dell’Unità nazionale, a “inventare” il Barolo, convertendo l’enologia del Belpaese alle tecniche in voga nella Francia del 19° secolo, ma anche perché ci sono stati (e ci sono) ricercatori, scienziati e tecnici, oggi anche comunicatori e manager, che con il loro lavoro intrecciano fortemente i destini nazionali con quelli del prodotto agroalimentare che forse più di tutti gli altri rappresenta il Paese: il vino.

Ed è forse per questo che il Comune di Canelli, nell’Astigiano, patria del primo spumante d’Italia (nacque nelle Cantine Gancia nel 1865 ed era a base di uva moscato, praticamente un Asti), ha deciso di intitolare una via ad Arnaldo Strucchi e Mario Zecchini.

Ma chi erano costoro? Ecco le schede diffuse dal Comune.

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Arnaldo Strucchi (1853 – 1913) nominato Cavaliere del Lavoro nel 1906, di umili origini iniziò a lavorare nello stabilimento enologico dei F.lli Cora a Costigliole d’Asti. Giovane intelligente e perspicace,  diventò in breve tempo direttore tecnico. Intanto nei ritagli di tempo studiava assiduamente, acquisendo una notevole cultura letteraria e scientifica. Diventò uno scrittore in materia di coltura delle viti, molto apprezzato anche da esperti del settore. Fu nominato direttore della ditta Gancia, della quale diventò anche socio. Sotto la sua direzione la fabbrica sviluppò in misura notevole la produzione, soprattutto nel settore degli spumanti. Fece parte, come rappresentante comunale, del Consiglio di amministrazione della stazione enologica di Asti. Stimato e rispettato dai colleghi e dagli industriali dell’epoca, fu anche ben voluto dalle maestranze per il suo tratto e l’umanità verso gli operai. Riposa nella tomba di famiglia nel cimitero comunale di Canelli.

Arnaldo Strucchi

Mario Zecchini (1854 – 1912), ingegnere civile, fu il primo assistente del professor Alfonso Cossa nella Regia Stazione Sperimentale Agraria, allora appena istituita, di cui divenne direttore nel 1885 e, nel 1903, a capo della Regia Accademia d’Agricoltura di Torino.  Fu vice presidente del Comizio Agrario di Torino e della Associazione chimica industriale. Nel 1891 venne nominato segretario generale del Comitato per l’Esposizione Enologica di Asti.

A loro, inoltre, si deve la prima pubblicazione dedicata al Moscato di Canelli (Precisazione: un nostro lettore ci segnala una precedente pubblicazione del solo Strucchi di due anni precedente), il vitigno da cui si ottengono l’Asti e il Moscato d’Asti docg che, come recita un fortunato slogan del Consorzio di Tutela, sono le “bollicine dolci italiane più brindate al mondo” con oltre 100 milioni di pezzi venduti all’anno.

L’appuntato dei Carabinieri,
Giovanni D’Alfonso

Poi ci sono uomini la cui vita interseca quella del mondo del vino in modo accidentale e, a volte, perfino drammatica. È il caso dell’appuntato dei Carabinieri, Giovanni D’Alfonso, che partecipò alla liberazione dell’industriale canellese Vittorio Vallarino Gancia, sequestrato dalle Brigate Rosse di Renato Curcio e Mara Cagol. Era il 5 giugno del 1975. L’Italia era nel pieno dei suoi “anni di piombo” con gruppi di terroristi “rossi” e “neri” che sparavano e mettevano bombe. Una scia di sangue che segnò anche il Piemonte.  Quel giorno l’appuntato D’Alfonso partecipava, con un ufficiale e un sottufficiale dell’Arma, a una perlustrazione tra le colline di Astigiano e Acquese per individuare il luogo dove era tenuto in ostaggio Vittorio Vallarino Gancia, industriale canellese dello spumante dal cui sequestro le Br contavano, presumibilmente, di ottenere due risultati: visibilità mediatica e un riscatto da utilizzare alla propria causa eversiva. Nel corso di un controllo a un casolare a Arzello di Melazzo, la pattuglia di cui faceva parte D’Alfonso fu attaccata dai due terroristi. Ne nacque un conflitto a fuoco nel quale i tre carabinieri furono seriamente feriti. Anche se già colpito alle gambe, D’Alfonso riuscì egualmente a sbarrare la strada ai sequestratori, affrontandoli in un conflitto a fuoco. Lo raggiunsero più proiettili, ma continuò a far fuoco fino all’esaurimento delle munizioni, riuscendo a ferire uno degli aggressori. Grazie al suo coraggio l’operazione si concluse con la liberazione di Vittorio Vallarino Gancia. D’Alfonso morì l’11 giugno a Acqui Terme a seguito delle ferite riportate.

Sdp 

 

 

 

5 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. filippo 9 Dicembre 2023 at 17:48 -

    Grazie della segnalazione che conferma Strucchi come autore di un primo libro sul Moscato di Canelli.

  2. Giuseppe Baldino 9 Dicembre 2023 at 15:22 -

    Non è corretto scrivere che ” a loro ( Strucchi e Zecchini ) si deve la prima pubblicazione sul Moscato di Canelli “.
    Infatti prima di quella a tutti conosciuta del 1895 ne esiste una antecedente di Arnaldo Strucchi ( da solo ) del 1893 stampata a Roma anch’essa con il titolo ” Il Moscato di Canelli ” .

  3. Adriano Salvi 23 Aprile 2013 at 08:14 -

    robetta a confronto di un notiziario radiofonico locale in cui lo speaker scandiva; il signor Pinco Pallo, residente in via Umberto Uno……rido ancora adesso a distanza di trent’anni….

  4. filippo 22 Aprile 2013 at 11:37 -

    Grazie mille! Corretto… ora lo comunichiamo anche al Comune di Canelli che ha rilasciato la nota con il refuso… che noi non abbiamo beccato subito… 😉

  5. Gianluigi 22 Aprile 2013 at 11:29 -

    C’è un refuso: la Cora aveva sede a Costigliole d’Asti, e non Castiglione d’Asti.

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