Covid -19 e Crisi del vino. Intervista a Filippo Mobrici (Piemonte Land): «Aiuti pubblici non adeguati. Siamo in ginocchio. Abbiamo bisogno di un piano serio e corposo». Intanto la Francia…

inserito il 28 Maggio 2020

Sarebbero 150 i milioni di euro messi a disposizione dal Governo per risollevare il mondo del vino italiano dalla più grave crisi economica mondiale dopo quella del secondo Dopoguerra. Con quei soldi si pagheranno la “vendemmia verde”, in pratica la riduzione selettiva delle rese per ettaro delle uve, per evitare pericolose eccedenze di prodotto che potrebbero indurre speculazioni sui prezzi, e la distillazione del prodotto eventualmente invenduto.
È una disposizione adeguata? L’Italia sta facendo abbastanza per difendere uno dei suoi prodotti vanto che genera un giro d’affari di quasi 14 miliardi di euro di cui la metà relativi all’export? Senza contare tutti i comparti collegati, dalla tecnologia alla comunicazione, dal turismo alla ristorazione.
A occhio più di un aiuto sembra un aiutino.
Filippo Mobrici, presidente di Piemonte Land, organismo che riunisce tutti i Consorzi vinicoli del Piemonte, e lui stesso alla guida dell’ente che tutela Barbera e vini del Monferrato, non solo conferma l’inadeguatezza degli aiuti, ma rilancia: «Al netto dell’emergenza sanitaria che deve avere sempre la priorità, dispiace che ancora una volta si cada nella scarsa considerazione nei confronti di un prodotto così strategico e ambasciatore dello stile italiano nel mondo qual è il vino – e spiega -. La Francia, che per quanto riguarda produzione e volumi vitivinicoli è più o meno sovrapponibile all’Italia, non parlo di valori ovviamente, ha stanziato per il proprio comparto vitivinicolo 500 milioni di euro chiedendo aiuto anche all’Unione Europea. È evidente che i due approcci sono nettamente diversi e squilibrati sicuramente a nostro sfavore».
Qualche settimana fa era stato proprio Mobrici, a scrivere al ministro Teresa Bellanova (Agricoltura) e ai parlamentari piemontesi (leggi qui), chiedendo supporti per il settore.
Però quelli messi sul tavolo dalla bozza del decreto ministeriale e che deve ancora attendere l’iter attuativo per diventare stesura definitiva, per il presidente di Piemonte Land non sono sufficienti, a cominciare da dettagli tecnici come la possibilità di distillare solo vino a denominazione che sia stato declassato entro il mese di marzo: «Abbiamo chiesto di fare slittare quella data fino all’entrata in vigore del decreto» dice Mobrici che riferisce di aver chiesto anche alla Regione Piemonte di aiutare il comparto piemontese del vino ad avere più considerazione da Roma e, magari, di stanziare una parte di fondi regionali che potrebbero servire a finanziari l’acquisto o il rinnovo dei cosiddetti “vasi vinari” vale a dire contenitori, botti, vasche, autoclavi, per stoccare vino eventualmente invenduto. «La Regione fino ad ora ci è stata vicina ed ha ascoltato le nostre richieste. Ora mi auguro che sia a livello statale sia sul fronte regionale si metta mano a un piano di rilancio serio e corposo».
Mobrici snocciola i temi che quotidiani che dovrebbero indurre a considerare il comparto vitivinicolo importante non solo sul piano economico, ma anche sociale e perfino paesaggistico: «Si parla molto di Paesaggi Unesco, ma sono proprio i vignaioli, le vigne e le cantine che hanno generato quel patrimonio. Oggi abbiamo in Piemonte 18 mila partite Iva che girano attorno a quel mondo. Ora siamo in ginocchio. Bisogna fare bene e in fretta».
Insomma il vino italiano e quello piemontese chiedono un piano da “Next Generation”, per citare la proposta da miliardi di euro che punta al rilancio della Ue fatta da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, un progetto che metta a disposizione liquidità adeguata in tempi brevi.
Avverte Mobrici: «Se non ci sarà la giusta attenzione e la corretta calibratura degli aiuti pubblici il mondo del vino italiano si troverà in grave difficoltà rispetto a competitor che avranno ottenuto strumenti migliori non solo per mantenere la struttura, ma anche per promuoverla a livello globale».
E questo l’Italia e il Piemonte non possono certo permetterselo

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)  

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