Export. Il vino italiano nella GDO estera? Per il rapporto UIV-Vinitaly benino, ma non benissimo. «Serve più promozione». E non solo all’estero

inserito il 11 Agosto 2023

La parola d’ordine è sempre quella: promozione. Altrimenti si perdono posizioni, mercati e soprattutto vendite. Vale per molti prodotti commerciali, figurarsi per il vino nella GDO (la grande distribuzione organizzata, cioè i supermercati) che per volumi e caratteristiche è un elemento non certo di massa se si considera l’intero pianeta.

L’ultima analisi su come sia andato nel primo semestre 2023 il vino italiano all’estero nella GDO è del 2 agosto scorso ed è firmata da UIV (Unione Italiana Vini che raggruppa le aziende e i gruppi che producono vino in Italia) e Vinitaly, non solo la struttura che organizza l’omonima fiera del vino di Verona, ma anche un formidabile ente di osservazione, anche attraverso gli eventi che allestisce in giro per il mondo, sulle fluttuazioni dei mercati internazionali.

Ma che dice l’analisi UIV-Vinitaly (da dati Nilsen-IQ) che è consultabile liberamente qui? Essenzialmente che il vino italiano nella GDO estera tiene le posizioni, va benino, sta provando a risalire la china dopo qualche affanno, ma l’analisi dice anche che bisogna evitare che la crisi dettata dalle congiunture (economia, guerre, tensioni internazionali, sanzioni) diventi strutturale, cioè non momentanea, ma più a lungo termine, più difficile da affrontare e risolvere con contraccolpi economici e sociali difficilmente prevedibili e certo non positivi.

Ecco alcuni uno stralcio del rapporto UIV-Vinitaly.

Nel complesso, secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly che ha elaborato gli ultimi dati di Nielsen-IQ, le vendite tricolori in Usa, Germania e Uk chiudono il semestre con un risultato tendenziale piatto a volume (-0,2%) e con un lieve incremento a valore (+1,3%, a 2,2 miliardi di euro). La performance – rileva l’Osservatorio – è migliore rispetto al primo trimestre (-4% volume e -1% valore) ma ancora insufficiente per dare respiro alle imprese di un settore tuttora fortemente penalizzato da un surplus di costi che incide per circa il 10% sul prezzo medio. Il totale dei volumi commercializzati di vini fermi e frizzanti segna un +0,7%, complici gli incrementi in Uk (+3,2%) e soprattutto in Germania (+4,2%), sostenuta dalla forte domanda di frizzanti “low cost” tricolori. In controtendenza i fermi negli Usa, che cedono il 7,4%. Gli spumanti accusano invece un decremento del 2,8%, con gli Usa positivi (+2%), controbilanciati in negativo da Regno Unito (-6%) e Germania (-3,8%).

Insomma si tiene da una parte, si perde un po’ da un’altra e si recupera da un’altra ancora, Una situazione ondivaga che certo non piace alle imprese e che va affrontata. Come?

Secondo Paolo Danese, AD di VeronaFiere: «Occorre fare in modo che le difficoltà congiunturali non si trasformino in strutturali; in queste situazioni diventa fondamentale la presenza e la promozione di bandiera del brand enologico italiano. Per questo, tra settembre e dicembre di quest’anno Vinitaly attiverà una nuova campagna di internazionalizzazione attraverso 25 appuntamenti tra fiere, road show e incoming sulla prossima edizione veronese organizzati in 15 Paesi e 4 continenti»

Sembra di capire come ci sia la comferma che stare immobili fa sempre male. In questo senso molti Consorzi di tutela piemontesi si starebbero già muovendo non solo con iniziative all’estero, ma anche con progetti e attività in Italia. Perché la promozione non va considerata solo verso i mercati esterni, ma anche a casa propria, senza snobismi, ma con la consapevolezza che chi è profeta in patria lo è anche fuori.
Gli esempi non mancano.

fi.l.


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