Inventio. Se Vittorio Alfieri avesse visitato per noi il Roero, ecco cosa avrebbe scritto…

inserito il 29 Aprile 2013

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Sarebbe stato facile tratteggiare le bellezze del Roero con fotografie ad effetto e testi didascalici. Ma un po’ scontato descriverne il paesaggio, la gente, la natura e l’arte. E forse persino banale indicarne scorci e angoli “incontaminati”. Ecco quindi che nel nostro personale tour nel Roero, per quanto riguarda le immagini, ci siamo affidati ad una particolare tecnica di bianconero, ideale per scoprire i veri colori di un Piemonte, per fortuna, ancora poco conosciuto. Per i testi s’è scelto l’espediente del reportage semi-inventato, vale a dire dell’immaginare il viaggio attraverso gli occhi di un grande del passato. Non si è creato nulla di nuovo, per la verità.

Lo fece per il primo il Sommo Poeta della sua Commedia Divina. Noi, in modo incommensurabilmente più umile e approssimativo, lo abbiamo applicato al servizio che pubblichiamo su Sdp. Chiedendo preventivamente a chi legge venia e magnanimità d’animo.

Ma per la nostra “inventio” letteraria serviva un “inviato” d’eccezione. E trattandosi di Roero chi meglio del conte Vittorio Alfieri, astigiano di nascita, trageda mai abbastanza studiato e citato, avrebbe potuto descrivere e ammirare i luoghi dell’infanzia e prima giovinezza dell’autore del celeberrimo motto «Volli, e volli sempre,fortissimamente volli»?

Immaginiamo, dunque, che l’Alfieri, con l’usale mantello rosso drappeggiato sulle spalle, in una soleggiata domenica di fine aprile del 2013, novello Virgilio, ritorni dal Paradiso degli scrittori e muova i primi passi di questo viaggio nel Roero, e proprio dal castello di Magliano che porta il nome della sua casata. E scriva così:

«Non so dire pe quale strano arcano mi sia ritrovato a mettere nuovamente i passi miei uno dietro l’altro sulle colline che circondano il castello che mi vide giovinetto. Parlo del borgo di Magliano, oggi detto anche Alfieri, che diede i natali al mio patrigno Giacinto, il quale sposò, la mia degnissima madre Monica Maillard de Tournon, già vedova due volte del mio padre naturale, Antonio Alfieri, e del suo primo marito, il marchese di Cacherano. Ma non sono qui stato chiamato per descrivere la mia via. Già lo feci nella mia biografia pragmaticamente titolata “Vita di Vittorio Alfieri”. Qui, invero, mi si chiede di descrivere le terre del Roero. Ed è quello che, da bravo scrittore, mi accingo a fare. Ecco, dunque, la rocca di Magliano, da cui si gode una vista godibilissima sulle valli e colline del circondario.

È curioso come, negli oltre duecent’anni passati, le vigne siano rimaste eguali a quelle che io vedeva dalle finestre della villa. Lo stesso vento accarezza i tralci e le canne che delimitano i vigneti. Ma bando alla melanconie, che sono questioni che appassionano solo i vivi. Procedo verso gli abitati di Castellinaldo, Madonna dei Cavalli, Valpone, la storica Canale, i borghi di Santo Stefano, Monteu e Montaldo Roero, quelli di Castellinaldo, Piobesi e Guarene. Vedo rocche imponenti, palazzi che dominano vallate e calanchi, chiese e piloni votivi circondati da vigne e campi fioriti, boschi di pioppi e acacie. E scopro monumenti e statue.

La vergine che mi guarda da un’architrave pare mi chieda il perché della mia discesa terrena, qui a pochi mesi dal 210° anniversario della mia dipartita.

Porto i passi davanti ad osterie dove avventori si beano del loro ozio domenicale, annuso l’afrore dei fiori di campo con cui la mia amatissima madre soleva adornare la casa d’Asti, spio dai merli di un castello la bellezza delle Alpi che io vedea da Torino nei giorni dei studi universitari.

Quindi torno alla rocca di Magliano e scruto la mia Asti, distante 15 miglia, dove ebbi i natali. Mi sorprende un sentimento di assenza. Guardo ancora il Roero, terra di asprezze dolcissime, e mi sovvengo che mi tocca tornare nella patria dei più, portando al cospetto dell’Eterno le immagini della Sua Opera terrena, qui di nobilissima eccellenza».

Questo avrebbe potuto scrivere e descrivere l’Alfieri. A noi, che Alfieri non siamo, non resta che seguire l’implicito consiglio del Conte: staccarci dalla routine quotidiana, dai lacci e che ci costringono sulle seggiole del dovere e del lavoro e prenderci una parentesi di sollievo immergendoci nelle bellezze del Roero.

Testo: Filippo Larganà – fotografie: Vittorio Ubertone

Le fotografie sono scattate lungo questo percorso


 

 

4 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. filippo 30 Aprile 2013 at 08:37 -

    Grazie, Terry!

  2. filippo 30 Aprile 2013 at 08:35 -

    opppsss… hai ragione Luca, abbiamo corretto prontamente il refuso… grazie…

  3. Terry 30 Aprile 2013 at 08:13 -

    Bella idea! E quelle nuvole! Davvero alfieriane!
    Complimenti!

  4. luca vola 29 Aprile 2013 at 18:49 -

    complimenti per il post su questo meraviglioso territorio, forse un pò meno famoso rispetto alle langhe, ma di una bellezza incredibile. scusa la precisazione ma credo che al posto di san salvatore roero volevi scrivere santo stefano roero, quella è indubbiamente la chiesa e le rocche (su cui ahimè fino a qualche anno fa si ergeva una bellissima torre) di santo stefano roero..

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