Commento. Del clima che cambia, di catastrofisti e negazionisti; di vitigni a “piede franco” e innesti americani; della lobby del vino e di un “salario minimo” per i viticoltori

inserito il 4 Dicembre 2023

In questi ultimi giorni abbiamo seguito diversi temi che hanno messo in luce argomenti delicati che riguardano il mondo del vino.
Ci ritorniamo perché in modo evidente e no si è sviluppato un “micro” dibattito sotterraneo che vogliamo far emergere.

Il clima che fa litigare

Qualche giorno fa, ad Asti, si è parlato di climate change, cioè dei fenomeni atmosferici sempre più estremi che causano vittime e danni, stravolgono paesaggi e l’ambiente e riguardano da vicino anche viti e vignaioli.
Al convegno, voluto dal Consorzio Barbera d’Asti e Banca d’Asti hanno parlato, tra gli altri Luca Mercalli e Mario Fregoni.

Ma chi è Luca Mercalli? È un climatologo e divulgatore scientifico italiano, noto al pubblico televisivo italiano per la partecipazione alla popolare trasmissione. Per saperne di più consigliamo di cliccare qui.

Mercalli ad Asti ha presentato tesi che non sono solo sue, ma di importanti istituti di ricerca europei e mondiali. Il succo è questo: negli ultimi 30/50 anni le attività industriali dell’umanità, basate sullo sfruttamento dei carburanti fossili, hanno determinato non solo inquinamento, ma anche una vistosa accelerazione dei clicli climatici della Terra con fenomeni estremi – alluvioni, gradinate, piogge, bufere di vento, nevicate, siccità, ondate di calore – a ripetizione.
«Tra alcuni anni il clima dell’Italia sarà come quello del Bangladesh e non mi risulta che in quel paese ci sia una viticoltura d’eccellenza come qui da noi» ha detto Mercalli ad Asti.
L’imputato è la CO2, l’anidride carbonica (ma anche il metano degli allevamenti zootecnici) un gas serra che contribuisce ad alzare la temperatura del pianeta.
Mercalli ad Asti ha detto cose risapute: che bisogna contenere questo fenomeno riducendo l’uso dei carburanti fossili («Ma le auto elettriche vanno bene se usano energia da fonti rinnovabili sennò è un controsenso»). Secondo lui (e secondo buona parte della Comunità scientifica) avremmo tempo fino al 2030. Poi il baratro del pianeta che s’incazza e ce la farà pagare.
Dopo il nostro report del convegno (leggi qui) c’è chi ha detto che Mercalli è un catastrofista. Che il clima nelle epoche è sempre cambiato con glaciazioni e periodi siccitosi e che l’attività dell’uomo non sarebbe così determinante.
A sostegno delle tesi che per comodità definiamo “negazioniste” c’è poi stato chi ha richiamato alle dichiarazioni del Premio Nobel, Carlo Rubbia che, secondo alcuni, avrebbe negato il rapporto tra attività umane e riscaldamento globale.
Posizione smentita da chi, come il quotidiano online Open, ha visionato e analizzato, contestualizzandola, la relazione di Rubbia al Senato della Repubblica da cui i “negazionisti” avrebbero estrapolato frasi a uso e consumo delle proprie tesi. Il Fisico italiano non avrebbe mai detto che non c’è relazione anzi, avrebbe detto che ci sono metodi per ridurre la CO2. Chi vuole approfondire legga qui.
In conclusione: di sicuro nel clima c’è qualcosa che non va e noi dobbiamo fare qualcosa. Stare fermi (o litigare) non aiuta.

La vite che divide

Mario Fregoni è una personalità importante del mondo del vino e della viticoltura. Chi vuole saperne di più legga qui.
Nella videointervista che gli abbiamo fatto ad Asti e nella sua relazione, ha sostenuto che, per contrastare tutti i malanni che arrivano dal cambiamento climatico, soprattutto malattie, parassiti e siccità, si debba tornare a coltivare viti europee precedenti all’epidemia di Fillossera, una patologia che a fine ‘800 rischiò di far scomparire le viti dall’Europa e che fu debellata usando innesti di vite americana.
Tuttavia, come lo stesso prof Fregoni ha sottolinenato nel suo intervento ad Asti, all’epoca della Fillossera i tecnici ebbero pochissimo tempo per intervenire e l’innesto della vite americana fu la scorciatoia più efficace scelta.
Per Fregoni questo avrebbe portato a un indebolimento e a una omologazione delle viti europee che avrebbero meno resistenza e resilienza delle loro antenate europee.
Con tutto il rispetto per il prof Fregoni c’è da chiedersi cosa sarebbe successo se fossero stati scelti metodi meno efficaci e rapidi del portainnesto americano. Forse la viticoltura europea avrebbe cambiato volto e oggi non sarebbe, nel bene e nel male, quella che conosciamo oggi. Peccato che al Convegno di Asti questo confronto non ci sia stato. Qualcuno lo ha accennato a noi e su qualche canale social. Forse il dibattito andrebbe approfondito. Se serve.

La lobby che non c’è?

Da più parti, in queste settimane di approccio al Natale e alle feste di fine anno, si parla di una contrazione della produzione vinicola italiana. Il balletto delle cifre va dal 10 al 20%. È un bene? È un male? Si vedrà quando si farann i conti finali.
certo, per chi vende l’uva non è proficuo avere meno prodotto. Il reddito diminuisce di pari passo, mentre i costi aumentano. Per le aziende è solo in apparenza un bene, perché se da una parte la riduzione dei volumi di uva fa spendere meno, d’altra parte non fornisce la materia prima sufficiente per far fronte a esigenze di mercato presenti e soprattutto future. E se è vero che il vino un bene non essenziale è altrettanto vero che, a parte quelli storici, ci sono mercati che vanno conquistati con prodotti adeguati come quelli a basso o zero contenuto alcolico. Il dibattito è aperto.
E a proposito di alcol da tempo si legge della lobby no-alcol che farebbe, in ambito UE, ma anche su altri mercati importanti per il vino italiano, come gli USA, azione di lobbing, cioè di pressione politica, contro il consumo di alcol tout court.
Ora, la domanda sorge spontanea: ma a fronte delle lobby no-alcol che legittimamente propongono leggi che limitino il consumo di bevande alcoliche, esiste una lobby pro-vino? Un gruppo di pressione politica che, intanto, promuova azioni per diffondere una cultura e soprattutto l’abitudine a un consumo consapevole e moderato del vino? Che diffonda una comunicazione corretta sul prodotto vino spesso accostato ai superalcolici? Che valorizzi in tutti gli ambiti quello che è stato, è e che sarà la viticoltura in difesa non solo delle attività e della storia umane, ma anche della biodiversità in natura, dei paesaggi che sono diventati Patrimonio dell’Umanità e mete di turismo sostenibile ed ecologico?
Esiste questa lobby? Forse sì, ma considerando le disposizioni “cappio” che ogni tanto arrivano dalla UE (ma anche da altri mercati) il suo lavoro non è così efficace.

Il “salario” minimo del viticoltori

Infine un paio di rapide considerazioni sullo stato economico dei viticoltori piemontesi. Chi può guardare al futuro con fiducia sono i produttori di uve pregiate, come il nebbiolo da Barolo e Barbaresco o il cortese da Gavi. Gli altri, moscato compreso, qualche preoccupazione ce l’hanno.
Dunque perché, visto che a livello nazionale si fa un gran parlare di salario minimo, non si fa una battaglia vera, magari a Roma e non solo sulle piazze piemontesi, per un “salario” (reddito) minimo per i vignaioli che magari non scenda sotto i due euro al chilo di uva preservando i prezzi superiori già acquisiti? In fondo loro hanno a che fare con una cosa seria come la terra, difendono l’ambiente, il paesaggio, la biodiversità, le piante che ci fanno respirare. Una stupidaggine? Un’ingenuità? Un’utopia non praticabile perché c’è il rischio di fare cartello? Davvero?
Però ci si potrebbe ragionare. Magari coinvolgendo sindacati, istituzioni, associazioni di categoria e vignaioli, ovviamente.
Perché, come qualcuno anche recentemente, ha ricordato se nel 2014 i Paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato, ben prima delle Rive del Prosecco docg e della Champagne francese, sono diventati Patrimonio dell’Umanità Unesco, si deve solo ed esclusivamente al lavoro di donne e uomini che amano e faticano in vigna.

Filippo Larganà
(filippo.largana@libero.it)

foto di copertina Vittorio Ubertone

Lascia un Commento


I commenti inviati non verranno pubblicati automaticamente sul sito, saranno moderati dalla redazione.
L’utente concorda inoltre di non inviare messaggi abusivi, diffamatori, minatori o qualunque altro materiale che possa violare le leggi in vigore.
L’utente concorda che la redazione ha il diritto di rimuovere, modificare o chiudere ogni argomento ogni volta che lo ritengano necessario.