Alta Langa: bollicine orgogliosamente piemontesi

inserito il 21 Gennaio 2009

«Basta con l’aperitivo a base di Prosecco o altri vini non piemontesi. Che almeno da noi, in Piemonte, si brindi con l’Alta Langa, uno dei più pregiati e innovativi spumanti nostrani».

Parole di Giancarlo Bussi, presidente del Consorzio d tutela dell’Alta Langa, la più piccola doc spumatistica italiana con appena 9 produttori e una settantina di ettari di vigneti, tutti concentrati nel Sud Piemonte e in vigneti di pinot nero e chardonnay coltivati su colline ad oltre 250 metri sul livello del mare. Bussi, che è viticoltore a San Marzano Oliveto nell’Astigiano, spiega la situazione rompendo il muro di silenzio che circonda Alta Langa: «Oggi vendiamo trecentomila bottiglie l’anno. Tutte di alta gamma con prezzi tra i 15 e i 25 euro.

Con impegno e severità, rispettando alla lettera un rigido disciplinare, oggi si produce uno spumante Alta Langa che non rincorre le mode, ma è un vino vero, che si è imposto come il prodotto migliore testimonial di quello che l’enologia piemontese può esprimere in tema di spumanti secchi».

Insomma l’orgoglio piemontese che vuole conquistare anche il mondo delle bollicine brut, dopo avere spopolato, con Asti e Moscato docg, nel comparto dei vini spumanti dolci.

«Le potenzialità ci sono tutte – afferma Bussi -. Le aziende che fanno parte del consorzio Alta Langa si stanno impegnando a fondo. E c’è chi, come Fontanafredda o Bava-Cocchi, ha dedicato al progetto una gamma di prodotti e brand dedicati».

E allora perché questo silenzio su Alta Langa?

Chiarisce Bussi: «Le risorse sono poche e poi la nostra filosofia è di fare entrare AL in enoteche e locali attraverso il passaparola». Anche se, per la verità, negli anni passati furono tentati eventi di comunicazione, l’ultimo attraverso Eataly di Oscar Farinetti, imprenditore oggi alla guida di Fontanafredda. Del Consorzio Alta Langa fanno parte Bava-Cocchi, Enrico Serafino, Fontanafredda, Gancia, Martini & Rossi, Tosti, Valter Bera e Germano Ettore.

Il disciplinare prevede una resa per ettaro di 110 quintali di uve, pinot nero e chardonnay, pagate circa 10 euro al miriagrammo (dieci chili).

Filippo Larganà – filippo.largana@libero.it

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