Reportage. Viaggio nell’Estremadura spagnola dove nascono i tappi custodi del vino (senza gusto di tappo)

inserito il 3 Giugno 2012

«La morbida nota che provoca un tappo da vino, è lo stesso rumore del cuore di un uomo che si apre», la frase è dell’inglese William Samuel Benwell e sembra aderire perfettamente alla filosofia della Diam, il gruppo francese che produce tappi di sughero che preservano il vino dal pericolo del gusto di tappo. È su questa base che Diam Bouchage e il suo partner per l’Italia, la Paolo Araldo (PA) di Calamandrana nel cuore del Piemonte al centro della produzione vinicola di pregio, hanno voluto invitare Sdp ad un tour a San Vicente del Alcàntara, nella regione spagnola dell’Estremadura dove opera uno dei due stabilimenti Diam (l’altro è a Céret, in Francia) da cui escono quelli che gli stessi manager del gruppo francese definiscono tappi di sughero re-inventato.

L’dentikit di Diam:  fa parte del gruppo Oeneo (Fatturato 2011-2012: 153 milioni di euro) è un gruppo quotato in borsa, leader in due settori: la tonnellerie (Seguin Moreau) ed i tappi: Diam Bouchage che occupa oltre 330 unità, fattura 75 milioni di euro vendendo oltre 1 miliardi di tappi in sughero all’anno.

La partnership con la piemontese Paolo Araldo ha avuto ricadute positive per l’economia dell’area dove opera l’azienda che ha base a Calamandara, portandola ai vertici di un settore ancora battagliatissimo, commercialmente e dal punto di vista della ricerca.

Ma quello verso San Vicente de Alcàntara, dal 31 maggio al 2 giugno, non è stato il solito viaggio stampa di chi si occupa di questioni vinicole, fatto da degustazioni, guidate o meno, passeggiate in vigna o in cantina al seguito dell’enologo star di turno. Si è trattato, invece, di un vero educational tour nel mondo del sughero e dei tappi, tra le tradizioni centenarie delle foreste di querce estese dall’Estremadura spagnola al territorio portoghese, e la continua ricerca scientifica di un team di manager e tecnici che hanno fatto del miglioramento dei tappi da vino la missione del loro lavoro.

«Di solito la tappatura è l’ultimo atto enologico compiuto dal produttore vinicolo prima che il suo vino venga proposto al consumatore. Oggi, grazie alla nostra azienda, la tappatura acquisisce un titolo di nobiltà e comincia sempre di più ad essere la prima azione considerata, dopo la produzione del vino» ha dichiarato in un italiano perfetto (ha studiato alla scuola europea di Varese) Dominique Tourneix, direttore generale Diam Bouchage.

Dominque Tourneix (col microfono) e Jean Luc Ribot

Lui, insieme a Francois Margot, direttore commerciale Europa e Israele e al team della Paolo Araldo costituito oltre che dallo stesso Paolo Araldo anche dalla sorella Daniela e dalla nipote Rosa Rainero e dal manager Jean Luc Ribot, responsabile commerciale Italia per la PA, ci ha condotto per mano attraverso un percorso tecnologico e allo stesso tempo naturale e rispettoso dell’ambiente.

Dunque il tappo senza sapore di tappo e custode dei profumi del vino. Tecnici Diam e PA hanno spiegato i meccanismi e la ricerca scientifica rigorosa attraverso si è arrivati a questo risultato. «Diam Bouchage apporta la soluzione ottimale per il XXI Secolo. Una soluzione che alla tradizione del sughero abbina la tecnologia più avanzata, al servizio del vino» ha sintetizzato Tourneix assicurando che, «I nostri tappi sono sicuri al 100%. Nessuna cessione di molecole al vino, tenuta perfetta, elasticità ideale, porosità adeguata per far maturare il vino, omogeneità di un materiale super controllato che ha sempre qualità costanti nel tempo».

Daniela Araldo con i giornalisti nello stabilimento Diam di San Vicente de Alcàntara

Ma attraverso quali step. Il primo, come hanno spiegato Ribot, Margot e i fratelli Araldo, è la scelta di sugheri d’eccellenza: «Controlliamo i sughereti e collaboriamo con i coltivatori. La filiera corta e la sinergia tra noi e i produttori di sughero è garanzia di qualità e sicurezza».

Rosa Rainero della Paolo Araldo

Dalla racconta del sughero grezzo alla produzione del tappo la strada è articolata. Le plance di corteccia di sughero (la racconta si effettua ogni 10/15 anni) sono fatte stagionare al sole per qualche mese, quindi il sughero è sminuzzato in granella di diversa pezzatura a seconda dell’uso che poi viene passata alla CO2.

Il gas viene portato alla condizione di “supercriticità” ossia in uno stadio intermedio tra gassoso e liquido che consente una azione di stripping, cioè di rastrellare le molecole responsabili della contaminazione del vino. Tra questa la famigerata TCA e altre che sono responsabili della alterazione del gusto del vino.

Hanno detto i tecnici Diam: «La pulizia con CO2 supercritica è già nota in altre applicazioni. La collaborazione con il C.E.A. (Commissariat à l’énergie atomique, Parigi) ha consentito di mettere a punto la tecnologia Diamant, un procedimento esclusivo di purificazione del sughero. In particolari condizioni di temperatura e di pressione, la CO2 raggiunge uno stato intermedio tra il liquido e il gassoso. Questo stato, detto “supercritico”, permette di estrarre dalla farina di sughero la maggior parte delle molecole responsabili delle deviazioni sensoriali. Il trattamento con CO2 supercritica consente di penetrare al cuore della materia e di estrarre, oltre alle molecole di TCA, responsabili del gusto di tappo, numerose altre molecole che possono alterare il gusto del vino».

Ottenuta una granella di sughero trattata e ripulita c’è il problema di legarla insieme in modo che non si sgretoli, che abbia tenuta e porosità per far “respirare” il vino che altrimenti sarebbe bloccato in una sorta di cella di vetro.

«In questo siamo un po’ come pasticceri – ha detto Tourneix –. Per una buona torta alla farina bisogna aggiungere un legante come l’uovo e un lievito che garantisca a tenuta». Diam, insieme ad altri partner, ha sviluppato questi due elementi che ha dichiarato assolutamente neutri: una colla sintetica (che a breve sarà di origine vegetale) e delle microsfere che, una volta che lo stampo del tappo viene messo a cottura, aumentano di volume riempiendo gli spazi tra i singoli pezzi di granella garantendo al tappo di sughero ricostituito una elasticità perfetta per ogni esigenza, dai vini fermi agli spumanti ai distillati e superalcolici.

Si tratta di procedimenti nati da una ricerca continua e costosa per cui Diam ha investito risorse finanziarie e umane. Ma perché puntare sul sughero, un materiale vivo, naturale, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che questo comporta?

La risposta: «Il tappo di sughero resta per i consumatori un materiale nobile, associato al vino di qualità, elaborato nel rispetto della tradizione. Il sughero resta il partner naturale ed indissociabile del vino. Stappare una bottiglia di vino è e resterà un cerimoniale molto gradito ai consumatori, che sollecita tutti i sensi grazie alla gestualità e all’attenzione concentrata sul suono e sulla vista del tappo estratto dal collo della bottiglia. Il sughero contribuisce a creare un’atmosfera unica attorno alla degustazione del vino e resta, quindi, il materiale privilegiato e largamente preferito dal pubblico. Offrire i vantaggi del sughero senza i suoi inconvenienti, questo è il nostro obiettivo».

Certo ci sono altre soluzioni al sughero re-inventato da Diam. Il silicone, che però sembra avere problemi di tenuta nel tempo; il tappo a vite, che però, avrebbe problemi di assemblaggio con il collo delle bottiglie in vetro e non farebbe respirare adeguatamente il vino; mentre il tappo naturale, oltre ai prezzi superiori a quelli dei turaccioli tecnici, continua, nonostante tutti i trattamenti possibili, ad avere l’eventuale e dannoso inconveniente delle molecole tipo Tca che cedono odori sgradevoli.

Insomma Diam è la scelta ideale per i vini del futuro? Beh, diciamo che il tour spagnolo ha gettato ampie basi per pensarla così. E la pensano già così diversi produttori italiani tra cui anche firme prestigiose del panorama vinicolo che hanno affidato ai tappi Diam anche vini a lungo affinamento.

Tuttavia la strada dei produttori francesi di tappi in sughero re-inventato che vogliono essere accreditati come guardiani dei sapori del vino di qualità, è ancora lunga. Resta da raggiungere il traguardo di un tappo i sughero costituito interamente da componenti naturali e neutri. «Ma ci stiamo arrivando a rapidi passi»ha assicurato Tourneix che ha sottolineato come il sughero sia al centro di un’economia sostenibile; «È una materia prima rinnovabile e naturale, proviene da un ecosistema la cui biodiversità ed il cui valore economico sono essenziali per il bacino mediterraneo».

Poi c’è la questione non secondaria della sostenibilità della produzione industriale. Per questo nel 2004 Diam è stato il primo tappo ad applicare il metodo Bilan Carbone con il sostegno dell’ADEME (Agence Française pour le Développement et la Maitrise de l’Energie) e della regione Languedoc-Roussillon.Questo metodo ha per scopo la misurazione delle emissioni dirette o indotte di gas ad effetto serra al fine di ottimizzare il consumo energetico causato dalla lavorazione. Per ridurre il proprio bilancio carbonio e rispondere alle sfide ambientali attuali e future, Diam Bouchage lavora con un approccio ambientale tipo ISO 14000, articolato in quattro punti: controllo dei consumi di energia, valorizzazione dei sottoprodotti del sughero, controllo dei rischi industriali e delle nocività degli impianti tecnici, investimenti di ricerca e sviluppo orientati verso i prodotti che più rispettano l’ambiente.

Risultati? Ci sono. Il bilancio carbonio realizzato nel 2006 evidenziava per il tappo Diam, l’emissione di 21,2 g diCO2/unità. Nel 2010 questo dato è sceso del 15 %, avendo raggiunto i 18,0 g di CO2/unità grazie soprattutto ad una riduzione delle emissioni collegate all’energia ed ai materiali in entrata. «L’azienda si impegna quotidianamente per migliorare ancora i suoi risultati sotto questo aspetto, nel suo sito di San Vicente de Alcàntara come in quello di Céret» certificano dalla Diam.

Diam, dunque, crede che il matrimonio tra sughero e vino resterà ancora saldo per parecchi anni e che, perciò, valga la pena di puntarci sopra soldi e lavoro, ricerca scientifica e forza vendita. Il tutto per ottenere reddito, successo commerciale e un’evoluzione tecnico-enologica che potrebbe segnare una nuova era nel panorama vinicolo mondiale, quella dei tappi di sughero ricostituiti in modo tecnico-naturale, una mediazione ideale tra tecnica umana e materia-natura per un prodotto sempre più bio-naturale come il vino.

Infine, ma non ultima, c’è la questione del mantenimento delle foreste di sughero. Se ne perde circa il 20/30% all’anno. In parte le piante perse per vari motivi sono reintegrate. Ma non basta. Ci vorrebbero aiuti pubblici che, in questo momento, sono ridotti ancorché basilari. Non è solo una questione industriale che riguarda la salvaguardia della materia prima con cui si fanno i tappi per il vino (e con cui si hanno posti di lavoro e reddito). C’è di mezzo anche l’ambiente, un equilibrio naturale in bilico e una coscienza verde sempre più presente nelle culture del mondo. In questo senso Diam sembra perseguire un punto di contatto tra diversi interessi, comuni e individuali.

E chissà che forse, al di là delle innovazioni tecnologiche, non nasca anche un nuovo modo di fare business nel vino: guadagnare rispettando la  natura. Sarebbe una novità assoluta e una rivoluzione epocale a cui si dovrebbe brindare stappando un buon vino protetto da un ottimo tappo.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)



Lascia un Commento


I commenti inviati non verranno pubblicati automaticamente sul sito, saranno moderati dalla redazione.
L’utente concorda inoltre di non inviare messaggi abusivi, diffamatori, minatori o qualunque altro materiale che possa violare le leggi in vigore.
L’utente concorda che la redazione ha il diritto di rimuovere, modificare o chiudere ogni argomento ogni volta che lo ritengano necessario.