Ric.&Pub. Il vino futuro: Gaja, «Più controlli e meno liti». Gagliardo: «L’Ocm vino è ok»

inserito il 20 Marzo 2012

A pochi giorni dal Vinitaly di Verona scrivono a Sdp due vignaioli che sono due griffe del vino della zona del Barolo, Angelo Gaja, da Barbaresco, vera eno-star, e Gianni Gagliardo da La Morra, infaticabile organizzatore di eno-eventi. La cosa che segnaliamo, a margine dei loro interventi che pubblichiamo integralmente, è che mentre alcuni comparti del vino piemontese, come quello del moscato, tendono a dimostrarsi oltre che litigiosi poco propensi a indicare linee future, l’area del Barolo e del Barbaresco programma strategie di filiera, guarda all’estero senza dimenticarsi dell’Italia, insomma si prepara ad affrontare le sfide che un mercato sempre più globale impone.

ph. Vittorio Ubertone

Quale atteggiamento sia più auspicabile per il vino piemontese è chiaro a tutti.

Ecco l’intervento di Angelo Gaja

«IL VENTO DELL’EUROPA

Il mercato del vino italiano attraversa una fase di profondo cambiamento ed offre spunti di lettura contrastanti.

Il consumo interno cala mentre l’export cresce. Ci sono produttori di vino che fanno difficoltà a vendere ed hanno le cantine piene, altri che sfruttano le opportunità dei mercati e svuotano le cantine. Il pessimismo di maniera si confronta con la retorica dell’ottimismo. Dove sta la verità? I numeri non dicono tutto ma aiutano a capire. L’export del vino italiano sfiora i venticinque milioni di ettolitri annui ed il consumo interno è di poco superiore ai venti: assieme costituiscono un fabbisogno di quarantacinque milioni di ettolitri ai quali va aggiunta la richiesta degli acetifici e degli utilizzatori di alcol. La produzione annuale dell’Italia rilevata dalla media degli ultimi cinque anni stenta a soddisfare il fabbisogno.  Il vino verrà a mancare?

CAUSE CHE CONTRIBUISCONO AD EQUILIBRARE IL MERCATO

Hanno contribuito il riscaldamento climatico e lo stato di avanzata obsolescenza del cinquanta per cento dei vigneti italiani ma ad accelerare il processo, in modo largamente inatteso, sono gli effetti prodotti dalla riforma del mercato europeo del vino voluta, imposta da Bruxelles ed entrata in vigore il 1° agosto 2009. Essa si era ispirata al comune buon senso, merce rara, mettendo la parola fine all’enorme spreco perpetuato per oltre trent’anni di denaro pubblico destinato alla distruzione delle eccedenze ed  introducendo misure atte a riequilibrare il mercato del vino. I contributi comunitari prima largamente sperperati vengono ora destinati a co-finanziare l’azione di promozione dei produttori di vino sui mercati extracomunitari e fanno volare l’export nonostante i tempi di crisi. In breve tempo il numero delle cantine esportatrici è cresciuto di oltre il trenta per cento, sdoganando anche un ampio numero di produttori artigiani, incoraggiandoli a fare rete, ad andare sui mercati esteri a narrare, a raccontare storie e passioni legate a tradizioni od innovazioni, rendendoli compartecipi della costruzione di una immagine più autorevole del vino italiano.

A causa di tutto ciò sono in molti ormai a ritenere che il mercato del vino italiano stia vivendo un profondo cambiamento strutturale, mai vissuto prima, per affrontare il quale viene richiesto un approccio culturale diverso.

PENSARE DIVERSAMENTE

Andrà rafforzata l’azione di vigilanza per prevenire la produzione di vino falso. Occorre  smettere di pensare che la concorrenza ce la dobbiamo fare tra produttori italiani, che il nemico sia il collega concorrente vicino di casa. Non è pensabile che la pioggia di contributi comunitari per co-finanziare l’export del vino europeo sui mercati extra-europei continui ininterrottamente: perché mai i cittadini europei dovrebbero essere tassati per realizzare questo obiettivo?   Imparare a costruire reti di impresa anche soltanto con soldi propri.

Il mercato interno resta quello più difficile ma è prezioso perché forma e costruisce gli imprenditori: è un errore screditarlo o trascurarlo. I produttori i cui vini godono di un adeguato posizionamento sul mercato italiano sono spesso gli stessi che raccolgono buoni risultati sui mercati esteri.

L’equilibrio tra domanda ed offerta porrà a tutti maggiori responsabilità ma è di forte sprone per produttori ed operatori a crescere, a divenire imprenditori più capaci e preparati ad affrontare il mercato».

E quello di Gianni Gagliardo

«Credo che su tutto debba prevalere la libertà di fare impresa: un’azienda che investe e che produce valore per il Paese deve essere messa in condizione di fare, se fa bene. Oggi l’agricoltura non è più quella di una volta e l’agricoltore non può più essere considerato un contadino, ma è un imprenditore agricolo. Il miglior giudice di un prodotto, di un’attività, è il mercato. E’ il mercato a fare una selezione. Oltre alla qualità del prodotto, quello che conta è la capacità di fare impresa per conquistare il mercato.

Sui contenuti dell’OCM vino il mio commento è positivo in particolare gli strumenti messi a disposizione sul fronte della promozione. L’Europa era indietro su questo fronte. Da vent’anni si avvertiva l’esigenza di fare promozione, noi italiani ci confrontavamo con concorrenti in particolare del nuovo mondo dove la promozione sostenuta con fondi pubblici c’era già eccome! Pertanto, secondo me, l’OCM così com’è funziona sul fronte promozionale, speriamo che continui. Un miglioramento che auspico è che l’OCM prenda in considerazione anche il mercato Europeo, dove ci troviamo comunque a competere sempre più con i produttori del nuovo mondo.

Oltre che essere titolare di una cantina sono anche presidente di Made in Piedmont, un’associazione di ben 67 Aziende costituitasi nel 2008 proprio a seguito della riforma dell’OCM vino – e tutt’ora la più grande api piemontese – per accedere alle risorse messe a disposizione dall’Europa per la promozione, in particolare per la promozione all’estero. Siamo stati tra i primi a nascere, all’epoca. Un altro esempio virtuoso è la costituzione della neonata Accademia del Barolo, che presiedo e che riunisce 14 diversi produttori di eccellenza del Barolo che hanno deciso di unire le forze utilizzando i fondi OCM non per promuovere i singoli marchi, ma per promuovere il marchio Barolo e svilupparne la conoscenza in Italia e nel mondo. Abbiamo invitato il Ministro Mario Catania a partecipare alla XII Asta del Barolo che si svolgerà a fine aprile proprio per confrontarci e fare un bilancio del 1° triennio dall’OCM vino».

4 Commenti Aggiungi un tuo commento.

  1. giovanni bosco CTM 22 Marzo 2012 at 17:15 -

    In questi anni mi sono chiesto più volte perchè il mondo del moscato è così “battagliero” mentre per gli altri vini ci sono meno discussioni e mi sono posto delle domande, una in particolare che giro alla discussione. Sarà mica che nel mondo del moscato solo il 5% dei contadini vinifica e vende direttamente il proprio prodotto mentre il 95% consegnando l’uva all’ lindustria è diventato una specie di “dipendente senza tredicesima, cassa integrazione e ferie pagate” e come per i dipendenti ci sono tre sindacati e tante associazioni che non sempre vedono le cose allo stesso modo? ( polli di Renzo- Promessi Sposi)

    Buon Moscato d’Asti
    giovanni bosco

  2. filippo 22 Marzo 2012 at 14:54 -

    @Piercarlo: abbiamo già dato con il Brachetto… ma potremo cominciare anche con il Barolo (che come tutti sanno si fa con il 100% di uve nebbiolo, no?!) e che non ha proprio pochi enti/associazioni io, oltre al Consorzio (sempre più silente), ne ho contati a mente almeno altri 3/4, certo siamo lontani dai record dei “moscattieri”. Abbiamo anche già dato con il turismo, che in Piemonte e in Italia, non si sa perché, è ancora considerata un’attività per perditempo o pasticcioni (vedi le stupidaggini sul sito ministeriale http://www.italia.it) e anche con un paio di inchiestucce su enoteche regionali, botteghe del vino e/o uffici turistici pubblici (ripresa da siti e quotidiani)… Ma ci siamo interessati anche di tartufi e formaggi, paesaggio e Unesco… e chissà di cosa ci occuperemo domani, o tra un anno… i commentatori più attivi sono quelli del moscato? beh, potrebbe essere per via delle… bollicine e anche, massì, un po’ per causa nostra… p.s.: Iddio ci conservi le “idee contrapposte”…

  3. Piercarlo Sacco 22 Marzo 2012 at 14:12 -

    “Sagge parole”….. Adriano.. ma il mondo moscato non è così……. Purtroppo.
    Troppi enti, con interessi diversi, qui no…qui non c’è nessuno… è un altro pianeta, magari fossimo come loro, però c’è un fatto positivo…. su questo blog non ci fosse il moscato, le discussioni sarebbero molto più scarse e con idee contrapposte.. o no.. saluti…

  4. Adriano Salvi 21 Marzo 2012 at 10:32 -

    Moscatisti e “moscattieri” speriamo che leggano ed imparino queste “letio magistralis” invece di accapigliarsi e non pensare a fare programmi veri per il futuro e non pensare solo quanto guadagnare “al miria”. Con un pò di buon senso, sempre evocato dal mondo contadino nostrano ma raramente applicato (non troppi anni fa si sparavano tra vicini per un diritto di passaggio nelle aie delle cascine) tutta questa battaglia con Zonin che complica tutto il resto per il comparto si poteva risolvere sicuramente in via stragiudiziale….invece….
    Come dice Bosco, Buon Moscato a tutti.!

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