Crisi Covid -19, il commento. Piemonte del gusto: ripartenza difficile tra misure antivirus che non aiutano e supporti pubblici insufficienti. Servono realismo, concretezza e qualche piccolo segnale…

inserito il 23 Maggio 2020

Oggi, in un giorno denso di significati per il nostro Paese, il Piemonte del gusto riapre. Dopo il lock down di tre mesi dovuto al Coronavirus aprono i battenti bar e ristoranti, pub e vinerie.
È una bella notizia e sui social si diffondo messaggi di augurio e speranza.
È giusto così. Senza sogni e speranze la vita sarebbe nulla.
Tuttavia è legittimo chiedersi con quali concrete prospettive i lavoratori piemontesi del gusto, tra i quali mettiamo anche le aziende del vino e quelli del comparto alberghiero e dell’accoglienza, possano guardare al domani.
Diciamolo subito: l’orizzonte è nerissimo.
Per quanto riguarda il vino pesano la chiusura dei mercati esteri e italiani con lo stop a ristoranti e mescite che ha azzerato lavoro e reddito delle Case vinicole, spesso vere griffe enologiche, che operavano nel settore “Horeca” (hotel, ristoranti, enoteche, bar). Per i marchi distribuiti nella Gdo, cioè nella grande distribuzione organizzata, i supermercati, per intenderci, le cose sono andate meglio, anche se non è facile restare in quel “tritacarne” commerciale con regole, sia di posizionamento sia di prezzo, fortemente competitive che, se non attentamente vagliate, possono causare contraccolpi notevoli al bilancio aziendale.
Bisogna avere le “spalle forti”. Liquidità è la parola chiave.
La stessa parola che, in questi giorni, viene usata spesso per la ripresa del settore accoglienza, ristoranti e alberghi, che in Piemonte è strategico.
Oggi questi locali riaprono. Titolari e dipendenti sono, giustamente, felici tra tavoli distanziati, gel disinfettante, mascherine e procedure di sanificazione. La poesia del gusto italiano dovrà emergere tra tutte queste cose e aspettare che le frontiere siano riaperte per accogliere, oltre agli italiani, anche i tanti stranieri che amano il Belpaese, i suoi prodotti, la cucina e i suoi alberghi.
Molti clienti forse torneranno, certo, ma basteranno per garantire la sopravvivenza di queste attività? E le norme sanitarie, per altro ancora confuse, saranno sufficienti a dissipare dubbi e timori?
Nessuno è in grado di dirlo. Oggi e nei prossimi giorni sarà una gigantesca “prova del nove”, un grande test per verificare se il Piemonte del gusto resisterà e si riprenderà dal terremoto Covid –19.
Certo gli aiuti sono stati e sono ancora insufficienti. Alla parola liquidità si è risposto con azioni che favoriscono l’indebitamento delle imprese e anche con carichi di burocrazia come si stesse affrontando un normale periodo di crisi e non un vero “dopo bomba”. I fronti economici su cui si sta lavorando, con risultanti altalenanti e, come sempre accade in Italia, inutilmente divisivi, sono molti: dall’Unione Europea al Governo, dalla BCE a Banca d’Italia, dal mercato del lavoro al fisco.
Quello che si è ottenuto, fino ad ora, è poco, tropo poco per restituire serenità al Piemonte del gusto.«L’unica cosa che possiamo fare è rimboccarci le maniche e darci da fare» è il commento di molti. Certo, lo faranno, lo faremo, tutti, anzi lo stiamo già facendo, ma sarà durissima e non sarà né facile né rapido tornare a livelli pre-Covid -19.
Servirà realismo, concretezza e, magari, anche un pizzico di umiltà che non vuole dire svilire il proprio lavoro, ma andare incontro a un pubblico, italiano e straniero, condizionato da almeno un paio di fattori: la difficoltà di spendere a causa della crisi post pandemia e gli ostacoli psicologici dovuti al distanziamento sociale. Al primo problema ogni impresa del gusto dovrà rispondere secondo le proprie possibilità e politiche aziendali. Per il secondo ci si dovrà affidare al “genio” italiano e a quella particolare sensibilità che ci ha sempre aiutato nei peggiori momenti della nostra storia compresi due dopo guerra, varie catastrofi naturali, devastanti austerity nazionali e mondiali e persino anni di malgoverno.
Illusioni? Come risposta riportiamo quello che ha postato sul suo profilo social Mauro Carbone, direttore dell’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero, proprio mentre scriviamo questa breve nota, sabato 28 maggio. Scrive Carbone: “Ore 9.22. Sono in ufficio per finire un po’ di lavori. Un tipo bussa alla finestra. È un ragazzo di Londra che vive a Torino e mi chiede di aiutarlo a trovare un itinerario per camminare sulle nostre colline. Non era mai stato qui. Vuole camminare, vedere i vedere, scoprire un borgo. È arrivato in treno, passerà la giornata a godersi una primavera bellissima. Provo a rimanere credibile, ma l’ospite 0 post-Covid capisce presto che mi sto commuovendo e riparte carico di mappe sorridendo sotto la maschera e confessando «non avrei mai immaginato di diventare una celebrità, comunque non oggi». Ripartiti, dai che ce la facciamo”
Sì, ce la facciamo, non c’è dubbio e, dunque, stringiamo denti e pensiamo al futuro che non sarà rosa, ma nemmeno nerissimo.
Sarà reale, concreto, vero e, soprattutto, assolutamente e orgogliosamente piemontese e italiano.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)


Lascia un Commento


I commenti inviati non verranno pubblicati automaticamente sul sito, saranno moderati dalla redazione.
L’utente concorda inoltre di non inviare messaggi abusivi, diffamatori, minatori o qualunque altro materiale che possa violare le leggi in vigore.
L’utente concorda che la redazione ha il diritto di rimuovere, modificare o chiudere ogni argomento ogni volta che lo ritengano necessario.